Raccontatrekking 2008

7 dicembre 2008 - Fagnano Castello. Caserma Forestale (m1049). Lago dei Due Uomini - Monte Caloria (m1177) di C. Primavera

Abbiamo, come suol dirsi a Castrovillari, chiusu “ù cuddurunu”! E sì...domenica 7 dicembre si è concluso il ciclo di escursioni previsto per il 2008 dal nostro programma! L'itinerario prevedeva un’escursione nel Parco Naturale del Monte Caloria che offre ai suoi frequentatori uno straordinario ed unico scenario paesaggistico. L'area comprende boschi con esemplari vetusti di faggio, di castagno, di abete e ricche sorgenti che alimentano torrenti e ruscelli. La peculiarità è rappresentata  dalla presenza di laghetti naturali facenti parte di un'area SIC (Siti  di Importanza Comunitaria) unici in tutta la Calabria. Bene...che dire? Intanto che, onore e merito, eravamo in 9! Grazie anche alla partecipazione di un nostro nuovo socio...Francesco, che ha avuto un "assaggio" di passeggiata rilassante per boschi e laghi naturali. In effetti di questo si è trattato: dopo aver lasciato le macchine vicino la località Piano delle Zanche di Fagnano Castello, ci siamo avviati, tra l'altro con condizioni meteo ottimali -nonostante l'esordio piovoso del mattino- verso la prima meta denominata Lago Persico. Appena arrivati abbiamo scattato le foto di rito anche con qualche exploit goliardico.... ma soprattutto per immortalare questo scenario naturale che infondeva davvero tanta serenità...(foto 1). Con molta calma abbiamo proseguito, attraverso un fitto bosco di faggi maestosi e ricoperti di freschissimo muschio, verso il laghetto successivo non prima di aver cercato e trovato un angusto punto panoramico dove però abbiamo potuto affacciarci sul mare Tirrreno (foto 2). Arrivati al Lago Paglia (foto 3), nome strano per un lago, ma non me ne abbiate! non so il perchè di questo nome...! facciamo qualche foto di gruppo (foto 4) e ci godiamo la tranquilllità del luogo attraversandone le sue sponde (foto 5). Ci spostiamo successivamente all’interno di un fitto bosco di abeti all’uscita del quale ci aspetta un’altro piccolo laghetto, di cui disconosco il nome, ma che ci lascia particolarmente stupiti per la bellezza e la maestosità dei faggi immersi nell’acqua dove prepotentemente si specchiano così come le nostre sagome mentre lo circumnavighiamo. Anche qui tante e belle foto (foto 6). Infine il Lago dei Due Uomini (foto 7), il più famoso e il più grande dei tanti presenti nel Parco. Qui stazioniamo un pò di più a scattare foto, e goderci i rapidi e caldi raggi di sole  ristoratori, nei brevi momenti in cui riuscivano a far breccia tra le nuvole... Ma non è finita...! E già, perchè dovete sapere che noi del CAI Castrovillari proprio non siamo contenti se non scaliamo almeno una piccola cima! E in questo caso è toccato al Monte Caloria (foto 8) dove, come nostra meravigliosa abitudine, abbiamo allestito il gustosissimo pranzo... condito da qualche brillante barzelletta di Mimmo. La via del ritorno fluisce veloce e tranquilla mentre il bosco e noi stessi vieniamo irrorati dalla luce splendida del tramonto che fa capolino tra la selva di faggi ed il sole si immerge nel mare. Riprese le auto non poteva mancare, sulla via del rientro, una piccola puntatina nel piccolo borgo di Fagnano Castello dove erano già iniziati i festeggiamenti, con grandi falò e degustazione di prodotti tipici, in onore della Immacolata Concezione. Inutile dire che abbiamo partecipato con grande piacere alla degustazione. Bene amici... allora tutti pronti per riaprire “ù cuddurunu” del 2009? Appuntamento quindi al pranzo sociale del 14 dicembre dove come consuetudine verrà ufficialmente presentato e distribuito il programma di attività del 2009 e il calendario sezionale. Un abbraccio e un augurio a tutti di buone feste!

23 novembre 2008 - Grotte Di Castellana – Alberobello di M. Filomia

Per apprezzare meglio la montagna non basta scalarne le cime per poi esclamare della bellezza del creato. Conoscere la sua formazione e costituzione, le stratificazioni, l’Era geologica di appartenenza invece è un altro modo di stimarla, a partire dalla sua profondità. (Foto 1- 2 - 3) Le grotte in genere, come quella di Castellana, appena visitata, sono oggetto di studi scientifici attraverso i quali si risale alla vegetazione sovrastante ed al clima relativo al periodo in osservazione. Sono una testimonianza del lavorio continuo delle forze naturali intrinseche che risalenti dal centro della terra infuocato dal magma, ha fatto largo liberando energia, modellando, spaccando e derivando persino continenti. Nel processo lento e catastrofico di assestamento della crosta terrestre si è creato un varco a volta verso il cielo, proseguendo nel sottosuolo, risucchiando corsi d’acqua, di cui spesso in montagna se ne vede ridotta d’incanto la portata (carsismo). La presenza in grotta ci trasforma tutti in attenti osservatori per effettuare un’analisi intuitiva, lungo 3 km, profondo 70 m di calma apparente di questi luoghi, dopo alcuni milioni d’anni di metamorfosi. (Foto 4 - 5 - 6) Il tempo qui, al buio asettico, umido, temperatura 14 C° prende il ritmo dallo stillicidio d’acqua calcarea che in accumulo crea strane forme di stalattiti e stalagmiti, con prospettive millenarie fantastiche di congiunzione. Certamente un lavoro certosino della natura per esprimersi, dilazionato nel tempo, utile alla condizione dell’uomo la cui esistenza da temporanea verso il futuro, diventa lungimirante con un tuffo nel passato grazie ai segni della natura come questi. Nasce spontaneo il rispetto della natura, intesa come palcoscenico in cui tutte le forme di vita partecipano in armonia per la loro evoluzione. Le più singolari forme calcaree sono nella grotta bianca. (Foto 7 - 8) Grazie all’intraprendenza ed allo spirito esplorativo d’alcuni uomini, oggi possiamo ammirare, sottratte alla custodia delle tenebre, caratteristiche forme di scultura naturalistica che si prestano con gioco di luce fredda a figure della fantasia. Dopo un viaggio emozionante vissuto nelle viscere della terra, questa volta con occhi e mentalità consuntiva d’adulti, si torna alla luce a quota zero pervasa dal freddo e dalla pioggia. Elementi quest’ultimi, tenuti a vivere ai margini della grotta perché destabilizzanti. Una singolare pausa pranzo è risultato il giusto intermezzo alla passeggiata, poi, tra i trulli nei vicoli di Alberobello, le chiese, e le sue botteghe di ceramiche stracolme di souvenir. (Foto 9 - 10 - 11)

19 Ottobre 2008 - Monte Alpi, di De Luca Giuseppe

Ben 31 appassionati si presentano all'appuntamento con il Monte Alpi (1900 m.), all'estremo lembo settentrionale del Parco del Pollino in una fresca giornata d'autunno. E' impressionante il colpo d'occhio che offre la montagna quando si giunge alla località Miraldo, lungo la strada che porta a Castelsaraceno. Le sue vertiginose pareti e i paurosi canaloni-ghiaioni che si innalzano a strapiombo per 900 m avvisano da subito l'escursionista che la scalata non sarà affatto una passeggiata. Una montagna dall'impatto forte, immediato.(foto1) A guardia della valle, adagiato nel verde solenne dei boschi, il pittoresco lago di Cogliandrino addolcisce il paesaggio.(foto 2) Per questo e altri motivi ancora il comprensorio del Monte Alpi presenta molte caratteristiche che non lo relegano di certo ad una posizione di secondo piano rispetto alle montagne più blasonate del Pollino. Altra peculiarità è la presenza insieme ai soliti calcari grigi, di giacimenti di alabastro, da cui si estrae la Pietra di Latronico. Ed è proprio a Latronico, in località La Calda, che funziona un attrezzato impianto termale molto apprezzato. Le virtù terapeutiche delle acque di questo centro sono infatti note da secoli, come dimostrano le ricerche archeologiche fatte nelle Grotte di Calda, poste vicino alle sorgenti. Le acque del complesso termale sgorgano da due sorgenti alla temperatura di 22° C: la Grande Sorgente bicarbonato-calcica e la Piccola Sorgente bicarbonato – calcica - sulfurea. Elemento di notevole spessore archeologico è lo scheletro di un pesce fossile risalente a 30 milioni di anni fa in località “Malboschetto”. Sarebbe classificato come “Istioforide” del genere Makaira, conosciuto con il nome di Marlin. La lastra dove si intravede il fossile purtroppo versa in condizioni deprecabili; basterebbe realizzare una piccola tettoia in legno per proteggerlo almeno dalla pioggia. Inoltre le pareti del versante occidentale dell’Alpi ospitano la stazione più settentrionale d’Italia del Pino Loricato.
Così ci ritroviamo tutti presso la sorgente “Vena nera”a 1089 m dove ci riforniamo d’acqua, mentre sulla montagna incombe una grigia coltre nebbiosa che in gran parte ci accompagnerà lungo il cammino. (foto 3 4)
L’idea era quella di attaccare direttamente la cresta Nord, ma considerato il nutrito numero di partecipanti e che comunque il breve tratto di cresta ci avrebbe condotto ugualmente al Belvedere, optiamo per la comoda sterrata che fa parte di una rete di sentieri realizzata dalla Comunità Montana locale e che si inoltra nel bosco della “Lupara”.
Al Belvedere, ci si concede una pausa mentre si gode la splendida vista sulla vallata e sulla mastodontica mole del Monte Sirino, altro gigante di 2000 m. (foto 56)
Ma ora inizia la parte più tecnica del percorso come evidenzia la foto ripresa dal basso. (foto 7) Bisognerà risalire un tratto di cresta rocciosa ed aerea fino a raggiungere una guglia posta a guardia del canalone centrale. (foto 8 - 9) E’ questo che dovremo attraversare con un tracciato in diagonale dal basso verso l’alto facendo estrema attenzione a non provocare pericolose scariche di pietre. Con molta attenzione e “piede morbido” arranchiamo su per l’orrido canalone fino a raggiungere un bel pino loricato posto su un ripido prato erboso. (foto 1011 - 12) Un ultimo sforzo e i vari gruppetti raggiungono la faggeta sovrastante e poi la cresta principale dove in libera ci si avvia verso i 1900 m della cima. (foto 13 - 14 - 15)
Dalla vetta lo sguardo corre verso la vetta gemella Santa Croce, oggi avvolta da folate di nebbia, che rievoca in me il ricordo della prima escursione fatta insieme al gruppo CAI Castrovillari nel settembre 2001. Quella volta salimmo lungo il sentiero del bosco Favino e non raggiungemmo l’Alpi soltanto perchè cominciò a piovere (erano altri tempi). Fu durante quella escursione che conobbi alcuni compagni di avventura con i quali in questi sette anni abbiamo scritto pagine indimenticabili sulle nostre montagne.
Per la via del ritorno scendiamo dal lato opposto rintracciando il sentiero di Piè d'Alpi, rinominato sentiero del Cessna dagli amici pugliesi presenti nel gruppo. Una decina d'anni fa infatti un Cessna da turismo si schiantò sul versante occidentale della montagna. Dei resti dell'aereo non rimane ora che la parte terminale di un'ala.(foto 16)Il sentiero, a tratti nel bosco di faggi dalle tinte autunnali, a tratti correndo lungo il bordo delle vertiginose pareti ci conduce in breve a Piede d'Alpi, proprio al di sotto della poderosa parete Ovest di Monte Alpi. Non sarà difficile rintracciare la sterrata che ci condurrà alle auto. (foto 17) Tutto sommato una bella salita, che ci ha consentito di attraversare ambienti molto vari, tra arbusti di agrifoglio, boschi di faggio, pini loricati, orridi canaloni-ghiaioni e aride pietraie. Forse un itinerario non adatto a tutti, ma che percorso con la dovuta attenzione ci ha permesso di realizzare una via inedita e spettacolare, avventurosa e mai banale, su questa splendida montagna.(foto 18)

30/31 agosto 2008: Notturna a Serra Crispo di Mimmo Filomia

Un cielo incerto, appena minaccioso, attorniato e combattuto dall’anticiclone africano persistente di quest’estate afosa, ha contribuito a selezionare il gruppo dei pellegrini escursionisti sul sentiero che conduce a Serra Crispo: santuario del pino loricato. L’escursione che ci ha condotto dal rifugio della Madonna di Pollino (foto 1) alla sorgente di Pitt’accurc, in una notte buia e stellata, ha fatto rivivere il tempo in cui l’uomo -nelle sua vita all’aperto- riusciva a misurarsi con i pericoli e le incertezze dei luoghi per sopravvivere. Lontano dal frastuono urbano e dal bagliore delle sue luci fredde, istintivamente, abbiamo rivolto lo sguardo all’insù immedesimandoci attori approssimati, alla ricerca di sensazioni ataviche, attratti dalla disordinata soprannaturale punteggiatura delle costellazioni. La stessa, un tempo, sapientemente osservata, interpretata, e tramandata a memoria d’uomo serviva ai nostri predecessori, nudi e crudi in fatto di tecnologie, come strumento orientativo naturale lungo la via delle migrazioni. Una riflessione suggerita dalla variabilità del paesaggio entro cui il sentiero s’addentra; ora nel bosco di faggi ed abeti, oppure aperto su ampia radura come quella di Piano Jannace (foto 2), nel mezzo della montagna. Il sentiero questa volta lascerà alle nostre spalle, per una notte ed un giorno, consueti stili di vita per tuffarsi nel fai da te con ritorno all’antico essenziale. La sorgente di Pitt’accurc (foto 3) è un piccolo miracolo della natura; l’acqua scorga a 1900 m sotto la sommità di Serra Crispo alta 2053 m. Tutte le spedizioni naturalistiche associano acqua e sosta, lo è stato anche per noi nel montare la tenda, al lume delle torce, nel punto in cui la notte ci ha colto. Una cena frugale assaporata con ottimo spirito associativo e contemplativo, ci ha trattenuto fino alle prime ore del nuovo giorno (foto 3/a). Il chiarore delle stelle e l’ammasso della Via Lattea non hanno fatto rimpiangere l’assenza della Luna. La temperatura scesa sino a 9° ci ha poi sospinto in tenda (foto 4). Nel caldo del sacco a pelo si sono consumate poche ore di sonno in confronto a quelle trascorse a captare –nel silenzio della notte- pericoli inesistenti da ogni dove. Invece, quando si è sintonia con la montagna, si possono provare sensazioni di benessere scaturite da ogni sua manifestazione. Magnifica la sensazione del vento che a folate, dopo avere frastornato le fronde della faggeta circostante, finisce la sua corsa nelle pieghe della tenda. Un segno naturale ben augurante per l’indomani e conciliante con il sonno. Al mattino, di buon’ora, alle prese con sbadigli e stiracchiate di braccia, ci riuniamo attorno al caffè caldo. Il tempo di prendere poche cose ed una buona scorta d’acqua e siamo in viaggio verso la cima. Il sentiero comodo e visibile ci porta sulla Serretta della Porticella; un passaggio a Nord/Est tra Serra delle Ciavole e Serra Crispo. Da qui si attraversa un territorio mozzafiato e contemplativo (foto 5). Spesso si è costretti a tornare sui propri passi per guadagnare punti d’osservazione spettacolari sfuggiti a prima vista. Senza accorgerci, tra uno scatto e l’altro della digitale ed urla d’esclamazione, siamo accolti nel salotto buono dei pini loricati. Le foto non rendono la delicatezza dei luoghi in cui vegetano creature maestose ed esemplari. Disposte con ottima coreografia sul palcoscenico, rappresentano al meglio, figure ancorate in pose plastiche su rocce piedistallo o abbarbicate a pareti a strapiombo; anche se il vento e la pioggia attraverso l’erosione, gli abbiano tolto la razione secolare di humus. Il panorama meraviglioso circostante, che lascio immaginare, diventa corollario nei confronti di tanti spazi sensazionali presenti. Li lasciamo a malincuore dopo avere fatto una scorpacciata di pini loricati (foto 67 - 8). La nostra tendopoli, quei sei puntini colorati, ora è ben visibile laggiù, ci ricorda purtroppo che dobbiamo tornare alle nostre cose (foto 8/a). Con nostalgia reverenziale dico arrivederci ad uno scenario naturalistico di prim’ordine. Le figure contorte e protese degli alberi protagonisti, allegoricamente accompagnano gli ospiti al commiato, costringendoli a camminare all’indietro per addolcire il distacco. Una abitudine mitologica questa degli dei frequentatori di questo giardino, rimasta circoscritta nell’atmosfera del luogo. Per noi, un doppio clic nella memoria per conservarne il ricordo. Un grazie al luogo per l’ospitalità ed a quanti lo proteggono (foto 9 - 10 -11).

22/27 luglio 2008: Tra il Rosa e il Cervino di Mimmo Pace

Il CAI di Castrovillari è sul Breithorn - 4165 metri sul livello del mare - una imponente montagna del gruppo del Rosa, candida di ghiacci e culminante in tre vette, a cavallo fra Italia e Svizzera, tutte sui quattromila. Col cuore in gola, abbiamo percorso la sottile linea di cresta che le unisce, sospesa per lungo tratto sull’abisso, vivendo emozioni irripetibili e indescrivibili! (Foto 1 + Foto 2) L’impresa è ancor più esaltante, se si pensa che, in un sol giorno, sono state raggiunte le vette di due tra i più maestosi “quattromila” delle nostre Alpi. Il tracciato sulla cartina, ne mostra appunto l’iter, con partenza dal Rifugio “Guide del Cervino”, la risalita del Plateau Rosà, del colle del Breithorn e l’ascesa sul Breithorn Centrale, percorrendo luoghi stregati, tra artistiche cornici di ghiaccio protese nel vuoto e superbi, sconfinati orizzonti … per poi intraprendere l’aereo, esile filo di cresta, che, molto infidamente, conduce fin sulla più alta vetta del Breithorn. (Foto 3) Solo ora, in vetta, riusciamo a cogliere e commisurare l’entità della nostra passione per la montagna e per l’avventura! (Foto 4) La fatica dell’ascesa e il rischio sono ampiamente ripagati. Al sicuro, l’occhio può ora librarsi e perdersi tra solenni, sublimi, grandiosi scenari e restarne stupìto, attonito, avvinto !! Dal Monviso, al Gran Paradiso, al Bianco, al Grand Combin, al Cervino, alle maestose vette dell’Oberland bernese ed alle eccelse giogaie del Massiccio del Rosa. Queste sono le montagne che hanno fatto la storia dell’alpinismo! (Foto 5) Siamo ancora in vetta e già si affollano alla mente, ricordi di momenti e sensazioni appena vissuti : l’ascesa da Cervinia in funivia, il breve assaggio delle nevi del Plateau, l’incontro con Lucio, Nicola, Dino ed Enrico, la nostra sicurezza!! La calda ospitalità del rifugio, il simpatico e interessante briefing, l’impazzato volteggiare di un aliante, il sole che tinge le nevi coi colori del tramonto, il prospettarsi di una notte insonne e pensierosa e, finalmente, l’alzata mattutina, la formazione delle cordate, il crepitìo liberatorio dei primi passi sulla neve ancora ghiaccia, mentre il primo sole indora il Cervino e le vette più alte della catena alpina. (Foto 6 + Foto 7) E ancora : il procedere affannoso, le brevi soste per rifocillarsi, le cordate arrancare nell’ascesa e il dipanarsi di scenari fiabeschi.(Foto 8) Le quattro cordate, ora possono distendersi in una discesa divertente, sfiziosa, sicura. (Foto 9) C’è chi si sveste e resta a torso nudo e chi s’ inebria del fumo di un sigaro avana … mentre lassù, i ghiacci eterni dei Lyskamm e delle altre vette del Rosa, luccicano al sole di una radiosa giornata di luglio. Presto, giungeremo giù al rifugio, festosamente accolti dal resto della ciurma ed ancor più, dal piccolo Daniele, amata “mascotte” del gruppo! L’indomani, a Plan Maison, la mole del Cervino appare in tutta la sua imponenza; dopo la rituale foto di gruppo, si intraprende l’Alta Via per il Rifugio Riondè. Il percorso si snoda per dolci pascoli e argentei torrentelli; le marmotte si rincorrono col loro acuto fischio, esibendosi in teneri atteggi. (Foto 10) Più avanti un guado; poi il sentiero s’impenna lungo il fronte morenico di un ghiacciaio scomparso … tra pietraie desolate, singolari infiorescenze e minuscoli nevai. Il Cervino incombe, e c’è chi s’illude di poterlo tenere sul palmo di una mano! (Foto 11) Ora il piccolo Daniele si pone in testa al gruppo e incita all’ascesa! Sul piazzale del rifugio c’è chi propone gratis massaggi professionali, mentre la nostra mascotte scruta attenta il Cervino e si dichiara pronto a salirci. Si prosegue ora tra sfasciumi policromi, al cospetto della Dent d’Herens, tra laghetti, semprevivi in fiore e genzianelle coloratissime. (Foto 12) Risalendo scoscendimenti dalle mille cromature, roccette dalle forme bizzarre e facili cenge, d’un tratto, appare la croce dedicata al sacrificio di Jean Antoine Carrel, l’intrepida generosa guida, morta di sfinimento, agli albori dell’Alpinismo, in una terribile bufera, mentre conduceva in salvo un suo amico, salito con lui sul Cervino.Rendiamo a lui doveroso omaggio. (Foto 13) C’è chi non si ferma e sale fin sotto il piccolo ghiacciaio del Leone, per godersi vedute mozzafiato sulle montagne, teatro d’azione del giorno precedente, sulla splendida conca del Breuil in cui Cervinia è incastonata ed anche per illudersi un pò di essere ormai prossimo alla vetta della Gran Becca. La rapida discesa su di uno spiazzo panoramico, sormontato da un piccolo nevaio, il trastullo tra omini di neve e saliscendi a slittino, scrutando bianche vette lontane, grandiose cornici di ghiaccio su maestosi altari di pietra; un gustoso spuntino, innaffiato da vino frizzante e generoso: poi il meritato relax. (Foto 14) Di nuovo giù, ancora, per declivi erbosi, costellati di torrioni che invitano all’arrampicata, per guadi un po’ problematici ed anche per luoghi alquanto inospitali. (Foto 15) L’iter è quasi concluso e in breve siamo giù, in fondo alla valle, chiudendo il favoloso anello: ci attendono pittoresche, imponenti cascate … sono le acque dei nevai del Cervino; corrono giù a valle, impetuose, testimoni del progressivo, irrefrenabile dissolversi dei ghiacci. Il giorno dopo, con la mente e il cuore rivolti a due dei nostri soci -Giuseppe, Massimo- e a Maria Teresa, socia del Cai di Catanzaro, in procinto di tentare la difficile ascesa alla vetta più alta d'europa: il Monte Bianco (leggi sotto), ci prepariamo per la terza delle uscite. Il tempo è incerto, ma Oscar, la guida che ci condurrà lungo un fascinoso percorso, attraverso la Finestra di Cignana, sull’omonimo lago, è ottimista e ci rincuora; giù, a valle, ha lasciato il sereno. La fortuna ci assiste e subito si parte alla scoperta di un altro angolo di natura intatta, dai mille risvolti da osservare, ammirare, considerare. (Foto 16) Lasciato l’impetuoso Marmore, il sentiero entra e si inerpica in una solenne selva di larici, ricca di un folto sottobosco di rododendri. Daniele, il meraviglioso bimbo, che così tenacemente ha condiviso ogni nostra sortita, segue da presso Oscar, gli pone domande, quasi a volergli rubare il mestiere! Dopo l’ennesimo tornante, il bosco lascia il campo ai verdi pascoli di quota e la vista spazia sull’intera Valtournenche. Siamo quì, a diretto contatto con svariate specie floricole di rilievo: dal Giglio Martagone, alla medicamentosa Arnica, all’eccentrica Anemone Solforosa e , dulcis in fundo, alla Stella Alpina. La Finestra di Cignana, balcone panoramico a cavallo tra la valle del Cervino e il bacino di raccolta del Cignana è ormai prossima e riserva una splendida vista su di una chiostra di aspre montagne, che sovrastano e si specchiano nell’incantevole lago celestino. (Foto 17) Oscar propone ai più arditi una digressione da non perdere: l’ascesa del M. Pancherot. La non lunga, ma ben aspra costa è ampiamente ripagata dall’improvviso dischiudersi di scenari di incomparabile purezza, tali da stupirci interiormente e introdurci nella “wilderness” più autentic. (Foto 18) L’aerea visione del lago, incastonato tra imponenti guglie e torrioni dalle mille forme bizzarre … gli stambecchi brucare sui magri pascoli, sospesi su inaccessibili terrazzi, per poi far capolino, destreggiandosi con disinvoltura, tra vertiginosi pinnacoli di roccia. (Foto 19) Gli esaltanti scenari dalla vetta sul lago, sul maestoso Cervino e la sua alta valle, la visione a volo d’uccello su Valtournenche: un ambiente stupefacente, di rara bellezza, ricco di incognite e dalle mille sfaccettature !! E poi … l’ansia di trasferire al resto del gruppo le emozioni vissute, il sospirato, velocissimo pic-nic, l’ennesima foto di gruppo attorno allo stemma del CAI. (Foto 20 + Foto 21 + Foto 22) Si discende velocemente verso il lago: i suoi colori sono sorprendentemente cangianti … le sue sponde offrono paesaggi idilliaci. (Foto 23) Un salto lungo la grande diga, per ammirare ancora la vastità e la placidità del lago, nonché l’ardita tecnica costruttiva; poi giù, a capofitto, nella valle, attraverso paesaggi mutevoli e sempre ricchi di fascino, tra masi e nuclei rurali ormai fatiscenti e abbandonati … testimoni dell’operosità antica, fino a ritrovare il torrente Marmore, che sempre più fragoroso, precipita a valle !! Brindando a cena col moscato del Pollino, il Presidente Iannelli ammicca, visibilmente soddisfatto per il pieno successo di questa quarta sortita alpina. (Foto 24) Essa ha unito diverse “anime” del CAI calabrese, calamitando l’interesse di diversi soci delle altre sezioni calabresi, che condividono appieno e si associano con slancio a tali avventurose “spedizioni”. Concludendo, si può affermare con tangibile orgoglio, che questa nostra sezione mostra, a pieno titolo, i segni di un attivismo naturalistico-culturale al di fuori della norma, che coinvolge, stimola e conquista chi ama davvero la natura, la montagna e la sua cultura!

20 Luglio 2008: Escursione Intersezionale con il CAI di Potenza. Piano Lanzo (1345m) - Cozzo del Pellegrino (1987m) - La Calvia (1910m) - Piano Lanzo di Mimmo Filomia.

Appuntamento per tutti i partecipanti, nei pressi dell’uscita di Altomonte della A3 SA/RC. La tappa d’avvicinamento al sentiero ci conduce ad attraversare e visitare en passant, l’abitato di San Donato di Ninea. La comunità allestisce la sagra delle castagne che si svolge nel borgo antico, sotto archi, lungo articolate gradinate e tortuose viuzze. Al rifugio Piano Lanzo, ha luogo un’accogliente ed espressiva cerimonia di benvenuto con scambio di doni e gagliardetti fra i presidenti dei due sodalizi. Segue il consueto briefing sulle caratteristiche del percorso e le modalità comportamentali dei partecipanti. Un’informativa in più quest’ultima della guida verso gli accompagnati che ricambiano con l’attenzione a non commettere eventi trasgressivi volontari, durante il percorso. (Foto 1 - 2 - 3). Dopo una sistemata all’equipaggiamento, facciamo scorta d’acqua. In via del tutto occasionale, oggi, ciambella di buon auspicio per tutti, offerte da una signora abitué del posto, che in versione cuoca outdoor ha trasferito i fornelli in montagna… Grazie affabile signora! Riflessione a parte, questa domenica in molti abbiamo avvertito la necessità di respirare un po’ d’aria fresca dopo tante giornate afose. Non a caso abbiamo scelto per questo periodo un bosco fitto, la cui vegetazione alligna fino a quota 1800m. Da subito, avidi come siamo di fresco ci tuffiamo nel verde in cui felci rigogliose toccano le fronde di faggi ombrosi, mentre sotto vermiglie fragoline cercano un posto al sole, per farsi notare! In questa fase del percorso i segnavia CAI, di cui il sentiero è marcato, si offrono ben volentieri nella loro missione, facendoci l’occhiolino dal tronco degli alberi (Foto 4 - 5 - 6). Camminare in tutta sicurezza in ambiente ostile com’è quello della montagna, contribuisce a non mettere ansia agli escursionisti che cosi possono rapportarsi alle asperità solo con la forma fisica. Inutile dire che i primi passi, sono quelli destinati a cambiare impostazione al ritmo della giornata. Oggi, sarà più lento, diverso dalla vita di tutti i giorni. E’ correlato alla volontà e disponibilità a concedere energie per la performance. (Foto 7- 8 - 9). Il raggiungimento della meta, rappresenta il punto più in alto, posto tra noi ed il cielo. E’ il motivo trainante durante la progressione, non necessariamente ad alti livelli; da un lato mette alla prova il carattere, dall’altro, ristora la mente tenendola lontano dalle problematiche quotidiane, rafforzando l’autostima. Il culto della montagna in questa zona è molto sentito tanto che che la volontà popolare vi ha deposto la statua della Madonna. Oggi nel corso del percorso -con sviluppo ad anello- la saluteremo due volte; la prima per salire il Pellegrino da nord-est; la seconda tornando dal folto arbustivo della Calvia. Sul dorso della montagna siamo in tanti ad esultare per la riuscita dell’impresa e per il panorama sottostante (Foto 10 - 11 - 12). Un’intera area, dal Tirreno allo Jonio si lascia additare. Le vette che riusciamo a scorgere dietro i corpi nuvolosi che quasi a dispetto si sono sollevati qua e là, osservate a 360° in questo quadrante territoriale del Parco, sono: il massiccio del Pollino, Cocuzzo, Montea, Alpi. Non sono mancati gli effetti speciali proposti dai cumuli di nebbia che giunti in quota anch’essi dal mare attraverso la valle dell’Abatemarco hanno giocato con noi avvolgendoci; negandoci cosi la linea dell’orizzonte. Un orizzonte unico; quando Eolo e fata Morgana acconsentono, regalano la vista dello Stromboli e persino la sagoma terminale dell’Etna con pennacchio. Pazienza! Ritenta, dico a me stesso, la prossima volta sarà quella fortunata! Il lussureggiante bosco intrigante sottostante invita alla discesa per il ritorno. Passaggi intricati e divertenti, necessari by pass, causa frane e invadente vegetazione, hanno fatto guadagnare subito il comodo sentiero del rientro per una passeggiata rilassante ed ossigenata, con i simpatici amici di potenza (Foto 13 - 14). A loro la sezione del CAI di Castrovillari invia un saluto fraterno e caloroso, per la disponibilità a pelle dimostrata; oggi sono stati nostri graditi ospiti. Nell’intento di rinsaldare i buoni rapporti di vicinato per la tutela dell’ambiente comune, diamo loro un arrivederci ad ottobre nelle Piccole Dolomiti Lucane.

6 luglio 2008: nelle “Gole alte” del Lao di Mimmo Pace

Le impressioni e le emozioni che una discesa in rafting lungo il corso del Lao regala, sono difficilmente narrabili o trasferibili; bisogna viverla l’avventura e fino in fondo per avvertirne l’intensità e il fascino ! (Foto 1) Grazie alla disponibilità ed alla collaborazione dell’efficientissima A.S.D. Canoa Club Lao Pollino, una ventina di intrepidi soci della Sezione CAI di Castrovillari, assieme a qualche amico esterno, ne hanno potuto vivere una di quelle che davvero non si dimenticano. (Foto 2) Questa via d’acqua 51 chilometri lunga, nasce dalle propaggini settentrionali del Massiccio del Pollino col nome Mercure, per poi assumere, nei pressi di Laino Borgo, la denominazione di Fiume Lao. Da qui, in una gola profonda, scavata sotto la possente barriera del Ciagola, il fiume s’è aperta la via verso il mare … testimoni la ormai deserta, erbosa Laino Castello e l’altissimo Viadotto Italia. (Foto 3 - 4 - 5) Più a valle, quasi all’altezza del Riparo preistorico del Romito, il fiume si placa e consente una navigazione meno movimentata, ma non meno interessante e suggestiva fin oltre Papasidero, poi scorre, scorre ancora per diversi chilometri, fino a trovar pace nel Tirreno. (Foto 6 - 7 - 8) Se l’intero corso del Lao è estremamente interessante, sia dal punto di vista floro-faunistico, sia da quello storico-culturale, le sue “Gole Alte”, 16 km lunghe, per la loro natura selvaggia e incontaminata, sono a dir poco affascinanti. Tra rapide impetuose, profonde e brontolanti marmitte, anse, strapiombi, anguste strettoie, pittoresche cascate di affluenti precipiti, sotto passerelle semidirute, testimoni di un operoso passato, le sue acque gorgogliano, ora chiassose e spumeggianti, ora placide e smeraldine. (Foto 910111213) Le imponenti pareti della gola sono per lunghi tratti ricoperti da una densa selva, originata da connubi forestali d’eccezione. Ontani, carpini, roverelle, ornielli, lecci, salici e pioppi formano delle autentiche “gallerie arboree” sul corso del fiume, fino a lambirne le acque. (Foto 1415) L’ambiente fluviale ospita, oltre alla salamandrina dagli occhiali, il gambero di fiume, la trota e la biscia d’acqua e se si è fortunati, si può avvertire il poderoso colpo d’ala del falco pellegrino che volteggia alla ricerca delle sue prede. Ogni canoista o raftista nutre, pur sempre, la segreta speranza d’incontrare, prima o poi, la lontra. In un siffatto “paradiso naturalistico” s’è svolta la nostra avventura ! (Foto 16) Dopo un accurato ed esaustivo “briefing”, la ciurma, dislocata su 4 imbarcazioni, condotte da atleti giovani, preparati, estremamente disponibili, si avventura lungo le gole. (Foto 17) L’impatto col fiume, almeno per chi per la prima volta lo affronta con tale sistema di “navigazione sportiva”, non è dei più semplici; c’è chi, al primo scossone, cade in acqua e dopo qualche minuto di “rinfrescante esperienza” viene prontamente recuperato. E’ un continuo vociare a bordo di quei quattro rafts, intervallato da improvvise urla di meraviglia e di stupore, man mano che la progressione nelle gole consente il dipanarsi alla vista di recessi incantati, racchiusi in questo magico ambiente fluviale. (Foto 1819) Assolutamente incontenibile, poi, l’entusiasmo generale all’improvviso apparire della pittoresca cascata di Malomo. Su di una enorme, pensile campana di calcare, un tempo miracolosamente appesa alla parete del canyon e ricoperta da muschi di un intenso verde rilucente, si frangevano le acque della cascata, che dall’orlo inferiore della campana si traducevano in mille rivoli argentati … una cortina di acque cristalline e scintillanti, dietro cui era possibile celarsi e inebriarsi di quella meraviglia della natura, confondendo con essa il proprio “ego”, tra la visione mozzafiato, il fragore delle acque della cascata e il gorgoglio di quelle del fiume ! (Foto 2021) Oggi, rovinata giù, la campana non c’è più, ma l’angolo è ancora talmente suggestivo, da calamitarci tutti. Il richiamo di quelle acque, che vengono giù da così grande altezza, è irresistibile e si traduce in frenetiche scene di giubilo dell’intero gruppo, che gesticola e si dimena, proprio sotto le acque di caduta, accompagnando la gestualità a modulazioni vocali mai uscite da “quelle gole”, in tutto simili al “grido di guerra” dei pellirosse !(Foto 22) La navigazione prosegue sempre movimentata, mai monotona e ripetitiva, in fondo alle gole e scorre veloce tra imbuti, sifoni, trasbordi, brevi percorsi a piedi, rapide, marmitte e placidi tratti. (Foto 23242526) Nelle brevi soste, ci si tuffa a ripetizione, ci si lascia trasportare dal fiume, e c’è anche chi ardisce nuotare controcorrente … un vero scialo, per farla breve ! (Foto 2728) Si profila già alla vista il ponte di Campicello, che preannuncia la fine dell’iter. Sono occorse oltre tre ore per discendere le gole, ma il tempo è trascorso così fugacemente come in un sogno. (Foto 29) L’occhio di qualche fotocamera è riuscita, per fortuna, a rubare a quel fiume e a quell’ambiente favoloso, immagini e suoni di spettacoli naturali e di scene irripetibili, fissandoli a ricordo gradito e indelebile di quei magici momenti vissuti in solidale e franca amicizia e volti a promuoverne, in giro, la conoscenza e, così, la voglia di viverli. (Foto 30)

22 giugno 2008: Castelcivita e le sue grotte di Mimmo Pace

Dopo un mese appena, ancora gli Alburni, teatro d'azione della Sezione CAI di Castrovillari, per godere appieno e vivere fino in fondo il variegato e ripagante calendario delle attività, previsto e organizzato per quest'anno.
Stavolta, il nostro obbiettivo è Castelcivita, un tipico paesino del Parco Nazionale del Cilento, aggrappato alle irte pendici meridionali del Massiccio degli Alburni ed una visita, sia pur molto parziale e fugace alle sue grotte, un percorso ipogeo complesso, ancora non del tutto esplorato, che si insinua nelle viscere della montagna per oltre 5 Km. e rappresenta uno dei sistemi sotterranei più estesi del Meridione d'talia ed anche un importante sito per lo studio della più remota Preistoria della penisola italiana. (Foto 1)
Le reiterate campagne di scavi archeologici nei pressi dell'entrata, eseguiti a cavallo degli anni 70 e 80, hanno restituito alla luce importanti reperti litici ed ossei, che attestano una frequentazione umana del sito, dal Paleolitico medio al Paleolitico superiore. Due diverse sottospecie del genere Homo: l'Uomo di Neanderthal e l'Homo sapiens, quindi, trovarono alloggio e rifugio in queste grotte! (Foto 2).
Già il primo tratto di esse, attrezzato ed aperto alla visita turistica per circa 1 chilometro, offre un affascinante percorso sotterraneo, dove i risultati magici dell'azione erosiva e creativa delle acque hanno dato vita ad una variegata serie di ambienti ipogei, taluni anche maestosi come la Caverna Bertarelli, dove il fantastico e l'orrido si alternano e susseguono, destando nel fruitore inquietudine, meraviglia, stupore e suscitando, nel contempo, una curiosità esplorativa incontenibile, figurarsi il prosieguo, fruibile solo mediante una vera esplorazione speleologica! (Foto 3 + 4). Le straordinarie, ricchissime formazioni stalattitico-stalagmitiche, interpretate al lume della fantasia umana, hanno dato nome agli ambienti in cui insistono: la sala del coccodrillo, la cattedrale, la cascata rosa, il salto dei Titani, la terrazza degli anelli e via discorrendo. (Foto 5 + 6). Un ambiente fascinoso, insomma, da scoprire e da vivere! (Foto 7)
Un sostanzioso spuntino e una breve siesta nella verde area pic-nic sulle sponde del Calore. La veloce rinfrescata di Ciro nelle sue limpide acque, all'ombra del ponte romano, che la leggenda vuole fosse attraversato da Spartaco, lo schiavo ribelle, nel corso di una ritirata, dopo una vittoria sull'esercito romano e poi, sfidando l'afa e la calura del primo meriggio, la risalita al pittoresco borgo medievale, appollaiato quasi a picco su di una ripida quinta montuosa. (Foto 8 + 9 + 10)
Ad attenderci, la Torre Angioina del 13° secolo, sede oggi del Museo della Civiltà contadina, che sovrasta imponente l'abitato e ne testimonia l'originario assetto difensivo.(Foto 11 + 12) Da lassù l'occhio può godere di un paesaggio irripetibile, che si perde, tra il lontano M. Cervato e la serie di dolci colline, accarezzando una sconfinata distesa di colori e di silenzi fino al mare.
Una rapidissima discesa-risalita attraverso viuzze tortuose e inerpicate, interminabili rampe di gradini che si snodano tra singolari architetture civili, curiosi portici, eleganti portali scolpiti in pietra locale, chiese impreziosite da affreschi e dipinti d'autore di pregevole fattura, come quelle di S. Cono, S. Nicola e S. Antonio, segni tangibili di un passato fastoso. (Foto 13 + 14 + 15 + 16). Non ci resta che completare il periplo degli Alburni, percorrendone ora il versante meridionale, tanto aspro e roccioso nella sua porzione sommitale, quanto dolce e immerso nel folto verde alle pendici, alla scoperta dei minuscoli paesini di Ottati, S. Angelo a Fasanella, Corleto Monforte, S. Rufo, occhieggianti sul bacino fluviale del Calore e sulla distesa di boschi, pascoli e coltivi del Vallo di Diano. (Foto 17 + 18)
Quello settentrionale, che si affaccia sulle valli del Tanagro e dell'alto Sele, segnato da una interminabile cresta, fatta di maestose falesie, intervallate da profondi orridi selvosi e vertiginosi baluardi di roccia calcarea dalle forme possenti e bizzarre, culminanti con la vetta del Panormo e troneggianti sul mare di verde smeraldino, che solo una limpida giornata di Giugno può adeguatamente esaltare, avevamo avuto modo di fruirlo nel nostro iter mattutino, percorrendo l'amena carrozzabile che da Petina conduce a Sicignano, a Scorzo, a Controne e giunge appunto alle grotte di Castelcivita. (Foto 19 + 20)

15 giugno 2008: Passeggiata del cuoredi Mimmo Filomia (Commissione escursionismo CAI Castrovillari)

Una collaborazione tra l’Associazione “Gli Amici del Cuore” dell'Unità di Cardiologia dell'Ospedale di Castrovillari e la Sezione di Castrovillari del Club Alpino Italiano.

Sempre più in alto!
Continua l’ascensione gradiente degli “Amici del Cuore” di Castrovillari coadiuvati dagli amici del CAI Castrovillari. I due nobili sodalizi domenica 15 giugno si sono ritrovati sul versante dei monti dell’Orsomarso per una passeggiata naturalistica in un ambiente asettico ed ossigenato. In tanti hanno onorato l’invito, attratti dall’idea di ritrovarsi su di un sentiero di montagna per verificare le proprie capacità fisiche (foto 1).
Una prova da sforzo fai da te outdoor che -attraverso l’autostima- soprattutto per le persone sane in regime di sforzo graduale, al cospetto delle asperità, possono avvertire, sintomi di patologie nascoste. Oggi -grazie al cielo- la comitiva, favorita da un clima fresco, soleggiato quanto basta, non ha denunciato alcuna ricaduta fisiologica. Segno questo, che i protocolli standard curativi, le tecniche d’implantologia sempre meno invasive, unitamente all’impiego di materiali compatibili con la natura umana, consentono all’ammalato ottimi livelli di recupero e guarigione. Una prova lampante è stata offerta dai nostri amici d’escursione che, toccati al cuore da patologie diverse, con la loro progressione esemplare, hanno infranto il tabù che li vuole condannati a condurre una vita riduttiva. La passeggiata ha l’obiettivo di condurre, in tutta sicurezza, i rispettivi soci a contatto con la natura in uno dei luoghi più wilderness del parco (foto 2). Per la cronaca, i presidi sanitari mobili al seguito, per un eventuale soccorso, sono rimasti inoperosi… anche per loro una giornata di relax. La loro presenza è giustificata dal fatto che in montagna le difficoltà motorie e le asperità possono accentuarsi provocando talvolta traumi psicofisici. Le poche curve di livello, che la comitiva sempre allegra e motivata ha attraversato, 1150m la più alta, sono bastate a sviluppare un sentiero confortevole e panoramico lungo 10 km (foto 3). Un grazie di cuore va al Dirigente del Servizio Provinciale di Cosenza, Dott.ssa Franca Arlia ed al responsabile dell’Ufficio AFOR di Castrovillari, Rag. Luigi Caruso. La loro preziosa collaborazione, ha consentito la fruizione della corte del Rifugio La Salviosa (foto 4) e permesso -attraverso un ordinato sentiero (foto 5) - il raggiungimento della propaggine rocciosa di Castello Brancato. Quest’ultimo, è un torrione panoramico sulla valle del Fiume Argentino, aperta verso il mare Tirreno, incastonato in un più ampio scenario di precipizi leggendari e incontaminate vallate lussureggianti (foto 6). I parametri della cartella clinica di questa passeggiata non presentano valori alterati nei confronti dei partecipanti. Tanto che, leggo senza intaccare la privacy: l’amicizia è rafforzata unitamente alla sicurezza di sé, umore e loquacità nel dialogo appena contenuti nei valori, il riaprirsi alla vita attraverso il confronto e la voglia di proporsi fanno ben sperare nel recupero totale. La disponibilità di tutti, ma in primis, quella del curatore per eccellenza, Dott. Giovanni Bisignani, sono la palese dimostrazione della continuità sanitaria del reparto di cardiologia dell’Ospedale di Castrovillari, in esterna come in corsia. Lo spirito associativo -intenso contenitore dei più nobili sentimenti umani- però non è solo questo. La raccolta fondi “Una Domenica per Domenico” -organizzata per la giornata odierna dalle associazioni aderenti al Centro Servizi del Volontariato- oggi è stata sentita e condivisa da tutti i partecipanti alla nostra manifestazione ed è stata vissuta con espressioni edificanti nei confronti dei sodalizi propositivi al benessere. Il piccolo Domenico si aspetta -alla vigilia della partenza- un saluto carico d’ogni bene da associazioni e semplici sostenitori. Nel bel mezzo di questa magnifica giornata, non è mancato il saluto ben augurante da parte del past president dell’associazione (foto 7) per sottolineare la validità dei principi del sodalizio e un attivo prosieguimento delle sue molteplici attività. Al rientro, seppur felici, tutti hanno avvertito una leggera flessione fisica. Niente paura, è l’attimo in cui la pigrizia tentatrice di cui si è pervasi rischia di essere defenestrata. A tutti i partecipanti ed al reparto di Cardiologia del Presidio di Castrovillari, cui noi confidiamo i nostri cuori, va un sentito ringraziamento. Ad maiora!

8 giugno 2008> Potame – Monte Santa Lucerna di Domenico Riga

La tradizionale uscita ADM – CAI Castrovillari quest’anno ci porta su una tra le più belle montagne della Catena Costiera, a cavallo tra la dorsale del Monte Cocuzzo e la valle del Savuto: il monte Santa Lucerna. L’appuntamento è, come al solito in questi casi, “soft”: ore 9. Il Sabato è stata una giornata da tregenda: diluvio universale, vento e freddo, e, nonostante le previsioni diano un netto miglioramento per il giorno successivo, sinceramente mi preparo ad un’uscita con poche presenze.
Domenica mattina, al risveglio, una dolce sorpresa: sole e cielo terso!
OK, tutto a posto, mi avvio alla Madonnina per il ritrovo di partenza e qui mi aspetta un’altra lieta sorpresa: c’è già qualcuno ad attendere, è Donatella (puntualità presidenziale) con altri quattro amici. Iniziamo a scherzare e piano piano il numero delle persone aumenta sempre più (alla fine saremo in 30 più un cane).
Partiamo alla volta di Potame, dove ad attenderci c’è il grande Massimo con Ivana, la sorella e altri due amici. Finalmente alle 10,15 si parte! Percorriamo una stradella asfaltata per poche centinaia di metri fino all’imbocco di un sentierino che risale un vallone nel quale troviamo anche delle vacche al pascolo (foto 1). Questo primo tratto è un po’ impervio e dobbiamo tagliare un po’ di rovi per consentire un facile passaggio a tutti. Per raggiungere la zona sommitale si aggira qualche vallone e questo ci costringe a brevi ma divertenti saliscendi, che consentono di apprezzare la diversità vegetazionale presente: pini, abeti, castagni, ontani, querce, insieme ad alte felci e ad enormi stazioni di farfaraccio. Un guado prelude alle praterie di quota: prima un’anticima molto panoramica e poi uno stupendo vallone, il fosso di Maricozzo, che corre alla base del versante nord del Santa Lucerna (foto 2). Risaliamo per poche centinaia di metri il torrente, in questo tratto molto suggestivo, e raggiungiamo l’attacco del sentiero che ci porterà in cima. La cresta terminale è molto bella e panoramica (foto 3), anche se purtroppo la nebbia disturberà un pò le visioni circolari che in condizioni di tempo stabile si godono (foto 4). Tuttavia abbiamo la possibilità di vedere la Valle del Savuto e, a tratti, la costa tirrenica.
Per il pranzo scelgo sapientemente di sedermi vicino al Presidente Iannelli, vero accentratore di cibo e ilarità, degnamente accompagnato da tutti gli altri “caini” che dimostrano grande affiatamento di gruppo e passione per la montagna.
Finito il lauto pranzo propongo una breve discesa fino ad alcune stupende rocce poste sotto la cima e qui ……. inizia il divertimento. Il “ROCCIAPARK”, come lo ha definito Massimo, propone forme bizzarre, piccole pareti strapiombanti, clessidre, rocce cave e spettacolari e divertenti passaggi. In particolare ci soffermiamo su una formazione rocciosa la cui appendice somiglia incredibilmente ad una testa di cavallo (foto 5) o di dinosauro (fate voi), sotto la quale si può attraversare sfruttando una piccola cavità e poi arrampicare fino a ritornare al punto di partenza. È qui doverosa una nota di merito a Carla (foto 6), giovane e motivata socia del CAI Castrovillari, che supera brillantemente la prova su roccia. Massimo, invece, lo perdiamo continuamente, intento com’è a risalire tutti i pinnacoli che si trova davanti.
Foto di gruppo e iniziamo il rientro, ma in questo caso sfruttiamo la comoda stradella (foto 7) che dalle macchine porta direttamente sotto l’ultima cresta, così da accorciare i tempi e non stancare ulteriormente un gruppo comunque entusiasta dell’esperienza vissuta.
Nel tratto in discesa un ultimo punto panoramico ci consente di avere una visione suggestiva di Potame, località di villeggiatura turistica del comune di Domanico. All’arrivo non troviamo niente di meglio da fare che tagliare una crostata accuratamente conservata in macchina la mattina e completare, se mai ce ne fosse stato bisogno, il pranzo.
Ci salutiamo come al solito affettuosamente e, per quanto mi riguarda, con un pizzico di tristezza perché è stata una giornata che conserverò per sempre nel cuore. Un abbraccio e alla prossima!

25 Maggio 2008: 8^ giornata nazionale dei sentieri di Mimmo Filomia

Didattica e manutenzione Sentiero UCS 941 - Colle Marcione (1227m) - Monte Manfriana (1981m) in Comune di Frascineto e Civita.

Questa domenica di fine maggio, numerose e gradite sono state, tra giovani ed adulti, le adesioni di partecipazione alla 8^ Giornata Nazionale dei Sentieri promossa dal CAI Centrale sulle montagne italiane. La sensazione percepita -in questa occasione- è che nelle coscienze, nasce un interesse partecipativo alle scelte decisionali che si praticano sul proprio ambiente. Si avverte un approccio nuovo nei confronti del proprio territorio, ritenuto il luogo della memoria con cui si è cresciuti da protagonisti nelle manifestazioni evolutive e tradizionali. Il recupero di un sentiero, specialmente nelle aree protette, va inteso come un ripercorrere le tradizioni sopite. Va gestito, nel rispetto dell’appartenenza evitando intrusioni culturali, dalle identità locali cui spetta portarlo alla luce per amalgamarlo alle direttive del contesto e presentarlo al visitatore in tutta la sua originalità. L’intenzione della Commissione Centrale Escursionismo del Club Alpino Italiano è quella di coinvolgere attivamente associazioni enti e cittadini, ad impegnarsi contemporaneamente su tutto il territorio nazionale, con convegni e con la frequentazione di un sentiero per far conoscere la montagna, per meglio promuoverla, tutelarla e valorizzarla. Il sentiero, questa traccia, formata dal calpestio nei secoli, ereditata dai nostri avi, che ci proponiamo di gestire è il segno indelebile della presenza attiva umana sui monti per ricavarne risorse. Una presenza non sempre sostenibile, ma fatta il più delle volte alla maniera mordi e fuggi con grave danno per l’ecosistema che rimane abbandonato al degrado (deforestazioni insensate). Attraverso i mass media siamo consapevoli che la natura va rispettata senza alterarne a dismisura lo sviluppo naturale, provocando danni irreversibili al territorio ed al clima. Ne consegue che la presenza degli escursionisti CAI e di altre Associazioni Ambientaliste, in virtù delle loro peculiarità propositive, in montagna sono motivo di tutela paesaggistica. Al lento abbandono delle attività umane sulle terre alte, derivante dalla trasformazione della società economica da agricola ad industriale, anche le vie di penetrazione si sono perse o non riattivate (foto 1 2). Di conseguenza il sentiero ora è l’unico segno che mantiene i contatti tra civiltà urbanizzata e alpeggi. Rappresenta anche l’unica via di fuga, una tantum, dalle tante condivisioni stressanti in cui l’uomo cittadino si è immerso per vivere. Il sentiero è terra di tutti, proprio per questo ogni volta che lo frequentiamo e penetriamo in luoghi ameni, ci rende tutti proprietari ideali di un benessere ricercato personale e collettivo, da preservare e incentivare con interventi mirati (foto 3 4). Un motivo in più per rinsaldare l’attaccamento ai luoghi d’origine. I politici ed amministratori lo sanno bene perché citato nella Convenzione Europea del Paesaggio. Gli omini di pietra costruiti con l’apporto di ciascuno, utili in caso di nebbia, i segnavia bianco-rosso rilucenti al sole, che oggi abbiamo riverniciato, badando alla perfezione a scapito delle dita imbrattate dalle due tonalità di colori, per Francesco ed Alessio prossimo laureando, sono stati motivo di orgoglio e appartenenza. La pulizia -da parte dei soci Antonio e Gaetano- dai rami secchi che ostruivano il passaggio, altro non serve che ad indirizzare gli escursionisti in sicurezza solo ed esclusivamente sul sentiero (foto 5 - 67). Nel frattempo, lo stesso è stato arricchito di punti panoramici e notizie storiche naturalistiche conferendogli valore aggiunto. Con noi, oggi, gli Amici della Terra del Pollino ed il Gruppo Archeologico del Pollino e anche la presenza di due amici tedeschi che -anticipando i tempi- rappresentano le primizie turistiche. A muovere tanta partecipazione è stato il desiderio di prendere confidenza con il sole, ma anche l’aspirazione di lasciare un segno tangibile disinteressato verso l’ambiente affinché divenisse più confortevole e sicuro con soluzioni poco invasive (foto 8 - 9). Il sentiero per la cima della Manfriana è una lunga balconata panoramica che si sviluppa, all’inizio nel bosco della Fagosa, per proseguire poi sulla cresta: un saliscendi roccioso, con radure erbose preferite da mandrie di cavalli, che congiunge Timpa del Principe, Passo Marcellino Serra e la cima est della Manfriana. Il panorama ci offre due ambienti adiacenti ma diversi. Percorrendo il sentiero di cresta, si ammira la sottostante area selvaggia della faggeta dal fogliame novello, dalle sembianze di un mare verde da cui emergono come vascelli, La Falconara e la Timpa di San Lorenzo. Appaiono adagiati su un’onda lunga, che lambisce il dorso della Serra del Dolcedorme e Serra delle Ciavole (foto 10 - 11). Al di qua, adagiata -a quota decisamente più bassa- l’ampia valle del fiume Cosciale; più dolce e degradante mostra i segni di un territorio trasformato dalle attività umane degli insediamenti di Castrovillari, Morano, Frascineto. Il tutto, compreso tra le mirabili insenature del mar Jonio e Tirreno. Il serpentone multicolore dei 30 escursionisti smette di articolarsi a mezzogiorno per esultare tra gli enigmatici massi squadrati giacenti in cima (foto 12). Il gruppo, idealmente associato a tutti i partecipanti delle 486 sezioni italiane del CAI, impegnati oggi su tutto il territorio nazionale, dall’Etna al Monte Bianco, li ha calorosamente circoscritti toccandoli, con un simbolico batto cinque, ricambiato non a pelle ma mentalmente… Come si conviene! Al rientro con chiusura ad anello (foto 13 - 14). possiamo ben dire di avere riassaporato la voglia di avere sete, ma anche quella di esserci dissetati alla fonte Ratto; soprattutto di avere fatto conoscenza con un amico sicuro: il segnavia!

11 maggio 2008: Sul Tetto degli Alburni di Mimmo Pace

In qualsivoglia stagione si abbia ventura di percorrerla, la Catena degli Alburni offre al visitatore stridenti contrasti naturalistici, sublimi tavolozze, arcane atmosfere ed anche vestigia della gente semplice e franca che un tempo la frequentava. (Foto 12 - 3)
Ricca di selve e di pascoli, questa degli Alburni era terra di pastori, di boscaioli, di montanari ed anche di lupari, i quali, in cambio di formaggio e di ricotta dai pastori, proteggevano mandrie e greggi dal predatore, girando per i paesi e per gli ovili, con i trofei della caccia sulle spalle! (Foto 4 - 5). Il Monte Panormo o Alburno, “l’albus mons” dei Romani, menzionato dal poeta Virgilio nelle Georgiche, con i suoi 1742 metri s.l.m., rappresenta la massima elevazione di questa poderosa catena montuosa, che dal Vallo di Diano si estende fin quasi alla vasta Piana del Sele. (Foto 6)
L’interminabile cresta che si affaccia sulle valli del Tanagro e dell’alto Sele è caratterizzata da una linea di maestose falesie rocciose, che si esprime in autentici labirinti di guglie e pinnacoli dalle forme possenti e bizzarre, intervallati da profondi orridi selvosi, che ospitano notevoli endemismi botanici. (Foto 7)
A sfidare il tempo, i “Campanili di Petina”, imponenti, vertiginosi baluardi di roccia calcarea si ergono a testimoniare l’incessante azione erosiva degli elementi. (Foto 8 9 - 10)
Lungo l’opposito versante, quasi un altopiano, che più dolcemente digrada verso la terra del Cilento, si estende, a perdita d’occhio, l’immensa faggeta, nella quale trovano rifugio gli ultimi lupi e quel che resta della fauna stanziale. (Foto 11)
Noi, gente del CAI, che amiamo conoscere e far conoscere gli spazi della natura e le tracce della presenza umana su di essa, non potevamo rimanere insensibili a tal genere di richiami e abbiamo fermamente voluto, anche se in maniera fugace, visitare quei luoghi fascinosi. (Foto 12)
Lungi dall’affrontare un ben più arduo percorso, che da Petina, ridente paesello alla falde della catena, risale direttamente al tetto degli Alburni, proprio per favorire la presenza di un folto gruppo di soci, nonché di due inattese quanto gradite “ardite signore” dalla lucana Pignola, il nostro iter si snoda in quota, lungo la bella e ombrosa pista forestale, che tra mille ghirigori e saliscendi, attraversa il cuore della solenne faggeta. (Foto 13)
Un intenso assaggio emotivo lo viviamo dopo la breve risalita sulla sommità della Ripa Alata, il primo dei campanili: di fronte a noi, in tutto simile ad una immensa ala di pietra sospesa nel vuoto … ecco, in una visione aerea, la Ripa Lunga, il secondo ed ancor più maestoso campanile, che incombe sulla valle e sovrasta il paesello, sepolto nel verde di castagneti senza tempo. (Foto 14 15 - 16)
Il nostro iter nella folta selva riprende; ci sembra di percorrere luoghi stregati, tra autentici monumenti di pietra, inquietanti formazioni rocciose, tappezzate di verdi muschi, misteriosi anfratti, spelonche, e profondi inghiottitoi. (Foto 171819 - 20)
Finalmente, ci dissetiamo alle freschissime acque della Fonte di Laurofuso e riprendiamo il cammino. (Foto 21)
Dopo breve costa, ci ritroviamo tutti affacciati a una balconata in bilico sull’abisso, in una visione mozzafiato, al cospetto del titanico, strapiombante bastione grigio azzurro su cui si eleva la vetta dell’Alburno. (Foto 22 - 23)
Presto, l’erta diviene dura e si svolge, ora lungo un verde e singolare sottobosco di aglio selvatico, che emana il suo odore penetrante, ora tra distese di profumatissimi narcisi e di asfodeli in boccia. (Foto 24 - 25)
Destreggiandoci tra macchie e facili roccette, il nostro iter si conclude sulla vetta, percorrendone la breve linea di cresta; a ridosso di essa, dietro un macigno, il grato ricordo del CAI per un appassionato conoscitore di quei luoghi. (Foto 2627 - 28)
In una visione circolare, orizzonti di idilliaca bellezza, impreziositi talvolta dal solenne volo dei rapaci: l’intera piana del Sele, del Tanagro, del Calore, le verdi quinte montuose del Parco Nazionale del Cilento e l’azzurrina linea del Tirreno. (Foto 29 30 - 31)
Pienamente paghi, intraprendiamo la via del ritorno, con la consapevolezza di aver potuto aggiungere un altro piccolo tassello alla conoscenza della montagna e dei segni della presenza umana su di essa. (Foto 32 - 33)

5 maggio 2008: Gli "angeli rossidella montagna" di Vincenzo Alvaro

Da Slow Time quotidiano di Emerson Comunication. Direttore Roberto Fittipaldi

Piano Ruggio (PZ) - Sono le 10.40 di domenica mattina, quando le prime due squadre di soccorso del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, foto di G. De Marco) partono alla ricerca di due escursionisti dispersi. Poco dopo si muoveranno altre tre squadre a dare man forte all’azione di ricognizione degli ambienti di quota, nel cuore del Parco del Pollino. L’emergenza parla di due escursionisti dispersi sulla cima di Serra del Prete. Parte così la ricerca in superfice da parte delle squadre di soccorso e ricognizione del Soccorso Alpino, che hanno il compito di perlustrare la zona dell’emergenza al fine di intercettare le due persone che hanno lanciato l’allarme.
Ad ogni squadra un pezzo di montagna da visionare palmo a palmo. Dal campo base, impiantato sul Piano di Ruggio, a pochi metri dal Rifugio De Gasperi, la sala operativa allestita per coordinare le operazione dentro una tenda, segue in stretto contatto radio i movimenti dei soccorritori, in attesa di avere novità sul contatto con i dispersi. Sul prato la squadra dei soccorsi sanitari attende l’evolversi delle operazioni e controlla strumenti e mezzi per una eventuale chiamata d’intervento.
Tutto come nella realtà, ma per fortuna è solo una esercitazione per testare il grado di operatività degli uomini, tutti volontari, che appartengono al Soccorso Alpino. Gli “angeli” in tuta rossa e bordature nere che durante tutto l’anno soccorrono diverse decine di “sfortunati” ai quali la montagna condanna duramente qualche piccola ingenuità o superficialità di troppo.
Sono circa settanta (foto di E. Iannelli), coordinati dai due responsabili regionali di Calabria e Basilicata, provenienti dalle stazioni di soccorso delle regioni di Calabria, Basilicata e Puglia. Insieme per una esercitazione che si potrarrà fino al tardo pomeriggio.
Al mattino i volontari si dividono in cinque squadre di soccorso coordinate da un caposquadra, al quale i referenti del campo base assegnano una area di intervento operativo, segnata su una carta topografica.
Il tempo di controllare imbraghi, moschettoni, corde, zaini, coordinare lo stile di intervento e via si parte. Prima due squadre, poi le altre tre. Tutti a “caccia” dei dispersi. Si sale sui mezzi meccanici per raggiungere le zone di operazione. Poi via a piedi, salendo lungo il crinale di Serra del Prete. In fila orizzontale a guardare la montagna centimetro per centimetro alla ricerca di un contatto visivo con gli escursionisti in difficoltà (due volontari del CNSAS che si sono prestati all’occorrenza). Più si sale più lo scenario di intervento diventa complicato. La neve è alta più di un metro, ma le squadre di soccorso non demordono bisogna trovare le persone in difficoltà.
Dopo oltre due ore di ricerca una squadra le individua quasi sotto la cima di Serra del Prete. La chiamata al campo base è istantanea. “Trovati!” ma uno dei due è ferito ad una gamba e per scenderlo a valle c’è bisogno dell’intervento dei sanitari.
Dal campo base la squadra sanitaria, attrezzata di tutto punto, si muove velocemente. Con il GPS arrivano “in bocca” ai feriti in men che non si dica. Si monta la barella (foto di V. Malfone) trasportata a spalla in una zaino ad hoc e con l’aiuto delle corde da imbrago si scende - con accurata velocità - a valle dove le operazione si concludono con un applauso generale.
Ottimi i tempi di rispondenza degli uomini che ancora una volta, sul campo, hanno dimostrato la loro efficenza ed operatività.
Luca Franzese, delegato regionale Calabria del CNSAS sembra soddisfatto del lavoro dei suoi uomini. Così come è orgoglioso di loro il Presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra, che all’inizio delle operazioni è intervenuto per porgere il suo saluto ai volontari. Al suo fianco anche il Presidente del Cai di Castrovillari, Eugenio Iannelli e gli ispettori del Corpo Forestale dello Stato, che nelle emergenze vere collaborano fianco fianco con i soccorritori volontari.
Nel suo breve intervento Pappaterra ha sottolineato come l’Ente anche nel nuovo bilancio da poco approvato abbia voluto dare un segnale di vicinanza ad un settore così importante. Qualificare questi volontari significa dare sicurezza a coloro che vogliono vivere la montagna in libertà, ma nel pieno rispetto delle regole.

27 aprile 2008: Oasi Naturalistica WWF di Policoro Eraclea di Maria Pia Martino

(foto 1 - 2 - 3 - 4 - 5)

Organizzata efficientemente dal duo Sallorenzo – Zicari e guidata con sempre impareggiabile simpatia dal presidente Iannelli, si è svolta la giornata dedicata all’oasi WWF di Policoro Eraclea e al Museo Nazionale della Siritide dalla sezione CAI di Castrovillari. Il tempo è stato spesso capriccioso, passando di ora in ora da un grigio e piovigginoso autunno all’estate più sfacciatamente brillante di luci e colori ma non per questo l’allegra brigata dei partecipanti perdeva il suo buonumore, anzi! Infatti si è avuto così l’opportunità di cogliere i molteplici e variegati aspetti della foresta planiziale sorta intorno alla foce del fiume Sinni, e dell’ecosistema delle dune. Il verde della Riserva Orientata di Bosco Pantano, a pochi passi dal blu del mar Ionio, ha un’estensione di 1170 ettari ca., e interessa i due comuni limitrofi di Policoro e Rotondella, fregiandosi anche, da direttiva europea, come SIC – sito di importanza comunitaria. La passeggiata nel bosco, così legata alle fiabe dell’infanzia, ai vari pollicino e cappuccetto rosso, si è svolta tra frassini, ontani neri, pioppi bianchi, specie arboree predominanti nel Pantano Sottano perché meso-igrofile –piante che abbisognano di climi piuttosto umidi e le cui radici, come illustrato dalla solerte guida del Centro visite, sono avvezze a sguazzare nei terreni ricchi d’acqua-. Tutt’intorno farnie rigogliose ma meno presenti dell’ olmo campestre vistosamente cespuglioso, del cerro, dell’acero campestre, e via via, salice bianco, melo, fico e olivo selvatici in un sottobosco di lentisco e mirto. Scendendo dal bosco idrofilo verso il litorale marino, la macchia mediterranea ci ha spalancato le sue braccia profumate di ginepro, rosmarino, fillirea e biancospino; superando le canne lacustri e i giunchi acquitrinosi siamo giunti alfine al litorale marino di piante psammofile, atte a vegetare nella sabbia che contribuiscono talvolta a rassodare fissando le dune grazie al loro apparato radicale molto sviluppato. Unico rimpianto: i nostri passi, le nostre voci, pur se con il massimo rispetto per l’ecosistema attraversato, hanno fugato l’airone cenerino, la garzetta, l’airone bianco, le folaghe, il martin pescatore e gli altri volatili stanziali.
Il Centro Visite - oltre a un’ampia sala, affacciata sul mare, ideale per spuntini che, come quello effettuato da soci e simpatizzanti Cai nell’occasione, poco hanno di improvvisato per l’abbondanza e la prelibatezza delle vivande - offre: un museo naturalistico con sala multimediale, per la proiezione di video e documentari sulla Riserva; una sala espositiva della storia del Bosco Pantano e delle sue specie vegetali e animali; una biblioteca; un orto botanico.

20 aprile 2008: Colle Impiso - Serra Dolcedorme di Eugenio Iannelli

Una splendida giornata primaverile si è presentata al cospetto degli escursionisti per realizzare una delle ascensioni più ambite dagli appassionati frequentatori del Parco del Pollino . La salita alla Serra Dolcedorme -è inutile nasconderlo- riveste un grande fascino ed attira sempre l’interesse degli appassionati di montagna. Questa volta l’ascesa si presenta con qualche difficoltà in più considerato che -a causa dell'inaspettato prolungamento dell'inverno con impreviste nevicate- il manto nevoso si è mantenuto alto, di conseguenza il percorso sarebbe risultato più problematico del solito. E così è stato.
Ci ritroviamo a Campotenese con gli amici del CAI di Pedara e di Avellino che hanno soggiornato nel nostro rifugio a Piano Campolongo. Arricchiscono una comitiva già di per sé molto variegata poiché accomuna caini ed escursionisti provenienti da tutto il territorio del Pollino e non. Infatti -arrivati a Colle Impiso- ci rallegriamo di ritrovarci con amici di Taranto, Trebisacce, Mongrassano, Rotonda, Torino, Cosenza, Spezzano Albanese, Pallagorio, Castrovillari, rappresentanti di varie realtà cittadine accomunati dalla medesima passione.
Dopo il solito breafing (foto 1), partenza. Il percorso risulta agevole fino a Piano Vacquarro consentendo un passo abbastanza spedito a tutta la comitiva (foto 2). Subito dopo incontriamo la neve, il cui spessore diventa sempre più alto man man che ci inoltriamo nel bosco, fino ad arrivare ai Piani di Pollino. Usciti dal bosco appare al nostro cospetto lo splendido anfiteatro creato dalle cime di Monte Pollino, Serra delle Ciavole, Serra Dolcedorme. Lo spettacolo suscita sempre una forte emozione anche in chi ha raggiunto tante volte questi luoghi, a maggior ragione per chi vi arriva per la prima volta e -guardandoli negli occhi- è percepibile verificare lo stato d’animo che esprime felicità a tutto tondo. Breve sosta -che la maggior parte di noi utilizza per fotografare tutto il fotografabile- e dopo la foto di rito sotto la parete sud/est del Pollino (foto 3) si riparte per l’attraversamento dei piani. Su di essi la percorrenza si rivela facile per la presenza di chiazze di neve, ma una volta arrivati alla base del canale del Malvento (foto 4) siamo costretti a chiedere un supplemento di forze al nostro fisico -a causa della neve molto alta che ci fa sprofondare ad ogni passo- per affrontare la ripida salita che ci porterà alla Sella Dolcedorme (foto 5). Ma non un crepa scalfigge il gruppo che compatto arriva brillantemente sulla Sella. Dopo una piccola pausa (foto 6), che ci consente di riprendere fiato e recuperare le forze, affrontiamo l’ultima parte del percorso che, pur essendo la più ripida, è affrontata con il passo giusto e consente a tutti di guadagnare in breve la vetta. Qualche minuto per le foto, la ricerca di un comodo (si fa per dire) giaciglio sulla stretta vetta e passiamo a consumare la meritata colazione a sacco sotto i raggi di un caldo sole. Dagli zaini -come consuetudine- fuoriescono tante prelibatezze che rendono questo momento unico e dove è possibile assaporare prodotti tipici delle varie realtà territoriali. Dopo la comparsa di un provvidenziale thermos -che ci permette di gustare un ottimo cafè- ci alterniamo per lasciare la firma sul libro di vetta -sistemato dalla nostra sezione- a testimonianza dell’ascensione (foto 7). Subito dopo la consueta foto di gruppo (foto 8) e -alla spicciolata- riprendiamo la strada per il ritorno. L’arrivo alle auto nel tardo pomeriggio a Colle Impiso vede tutti i partecipanti estremamente soddisfatti ed appagati scambiarsi pensieri, emozioni e sensazioni provate.

6 aprile 2008: Stage di arrampicata: Emozioni e riflessioni degli studenti del Liceo Scientifico "E Mattei" di Castrovillari.

Diario di una neo-scalatrice, si fa per dire.... di Marta Bianchimani

Siamo immersi nella natura incontaminata delle Piccole Dolomiti di Frascineto e ci inerpichiamo a fatica lungo la sassosa salita che giunge fin sotto le alture. Arriviamo con il fiatone, nonostante la brevità del tragitto, felici di aver conquistato la meta. Per me è la primissima volta, non ho mai fatto arrampicata e finora non avevo mai pensato di provare! Non vedo l’ora di salire e, a parte l’attesa, mi gusto il momento seduta sulle rocce sottostanti. L’atmosfera è fantastica, gli esperti del CAI Castrovillari ridono scherzosi, ci fanno divertire con battutine sul nostro essere dei “novellini” in questo sport e ci incitano. Desiderano vederci arrivare in cima, nonostante la paura e i conseguenti attacchi di panico. All’inizio mi tremano le mani, ma sono carica, voglio arrivare fino alla fine del percorso. Quando viene il mio turno, vengo imbragata e devo indossare delle scomode scarpette strettissime che però mi permetteranno di scalare con facilità la roccia appuntita e scivolosa. Sto salendo. Sto appoggiando le mani sulla pietra come se fosse la prima volta, come se non l’avessi mai sfiorata. Non avverto la fatica; quella verrà dopo, con i crampi e i dolori post-attività fisica. Sento solo una magnifica sensazione di “potere”; capisco di potercela fare, di poter quasi spiccare il volo. “Mano dopo mano, piede dopo piede” e sempre più su, anche grazie all’aiuto della cordicella-carrucola che mi lega “ per la vita” all’istruttore, supero gli ostacoli che presenta il percorso e arrivo ad un punto critico dell’arrampicata. Finora ho avvertito solo gioia, il piacere di scalare la roccia, di poter vincere da sola un ostacolo offerto direttamente a noi dalla natura. Ora, invece, sento di non aver più la forza per continuare. Mi sono spostata lontano dal percorso tracciato, sulla sinistra e ho incontrato una grossa “insenatura” che non mi permette d’impuntare i piedi. La mente si annulla, cerco un modo per evitare la rientranza e mi graffio contro le rocce. Non ho idea di come venire a capo del problema e chiedo all’istruttore di farmi scendere, ma lui, contento di darmi una mano, mi fa salire di qualche metro. E allora spicco nuovamente il volo e arrivo alla fine. Da quella altezza, dalla vetta dove sono giunta, posso vedere i contorni delle case, la sagoma frastagliata della stessa Castrovillari, scolpita nel cielo azzurro e nitido di mezzogiorno. Neppure il forte vento crea fastidio agli occhi o distrugge la splendida visione che sto ammirando. Da questa esperienza ho potuto capire che i nostri limiti, mentali e non, possono esser “facilmente” valicati, oltrepassati, se volete distrutti o annichiliti. L’uomo, così come nella filosofia idealista dell’Ottocento tedesco, ha la capacità di elevarsi verso l’alto, di migliorare se stesso e le sue doti. È necessario sfidarsi, andare “virtualmente”alla ricerca dei propri confini più lontani e spingersi al di là di essi, superando ogni ostacolo e paura, anche quella dell’altezza per poter vincere una partita ben più importante: la consapevolezza delle proprie possibilità! Soprattutto noi giovani abbiamo bisogno di misurare le nostre forze quotidianamente, in maniera tale da prepararci alla insidie che ci aspetteranno poi nella vita vera, insidie ben più grandi di una “semplice” scalata. Non possiamo pensare di esser aiutati sempre e comunque dalle nostre famiglie. Non possiamo sempre contare su “qualcun’altro”. Questo particolare sport, insieme a tanti altri ovviamente, ci permetterebbe, se più diffuso e conosciuto, di aumentare stima e fiducia, consapevolezza di sé e di questo non-limite umano; ci potrebbe aiutare a maturare e ad allontanarci da una cultura fatta di noia, pigrizia e cattive abitudini. Non si tratta solo di uno sport, ma di un’attitudine alla vita, di una mentalità, di una passione vigorosa, di un’emozione meravigliosa che invade l’animo, ci fa scoprire le nostre virtù nascoste e ci invita a superare ogni ostacolo spostando ogni volta ciò che ai nostri occhi si presenta come un limite…arrampicata al prossimo appuntamento!

(Foto 1 - 2 - 3 - 4)

E ancora...di Giuseppe Gioia, Assunta Carlomagno, Sabrina Salerno

Domenica 6 Aprile le montagne di Frascineto sono state meta di molti turisti e persone del posto poiché sulle pareti delle piccole Dolomiti è stato organizzato dal CAI Castrovillari uno stage di arrampicata rivolto a principianti ed esperti; e noi di certo non potevamo mancare. La parete era già attrezzata e invitati a calzare scarpette speciali che permettevano una maggiore aderenza alla parete, muniti di una imbragatura che ci permetteva di legarci alla corda di sicurezza tramite nodi moschettoni e rinvii agganciati alla parete , ci rassicuravano all’istruttore rimasto a terra. La difficoltà era misurata in gradi il vento non era di aiuto! “5b- 6a” gli appigli e gli appoggi diminuivano sempre più ! E’ stata la nostra prima arrampicata e come tale qualcuno ha avuto un po’ di timore che però si è trasformato presto in divertimento e in una voglia matta di riprovarci nuovamente. E’ uno sport che consigliamo a tutti, ma soprattutto ai cittadini del posto senza limite di età, poiché è un peccato non sfruttare questa opportunità che ci offre la nostra spettacolare montagna, completa dal punto di vista sportivo per le sue meraviglie naturali; basta solo avere la voglia di scoprirle. In attesa del prossimo appuntamento invitiamo tutti a verificare con molto entusiasmo questa splendida esperienza.

30 marzo 2008: Madonna del Riposo - Monte S. Angelo di Mimmo Filomia

Anche in questa quarta edizione, l’impegno intrapreso dal Club Alpino Italiano di Castrovillari per riportare alla ribalta le tradizioni sul nostro territorio, legate alla frequentazione della montagna, ha visto una grande adesione di nostalgici del passato e nuove generazioni entusiaste (foto 1). La manifestazione si è svolta in un ambiente solare e panoramico con una pendenza dolce e graduale che ha consentito il passaggio, in breve tempo, dalla realtà cittadina a quella della montagna. Oggi per molti è stato come mettere la testa al sole fuori dalla tana dopo l’inverno e scoprire -da una sconosciuta visuale- il proprio habitat in un contesto più ampio. Tana, ovviamente come sinonimo di quotidiana chiusura fra le mura domestiche, traffico, supermercati, scuola, ufficio. Bisogna riconoscere, che la vita dell’Uomo è programmata per vivere all’aria aperta, nonostante obbligato a partecipare consapevolmente alla crescita del P.I.L. Altresì, che la presenza puntuale degli uomini sulle montagne è un atto che ne stabilisce l’appartenenza morale ed affettiva necessaria a contribuire a procurare loro la cultura della libertà felice. Oggi muovere i passi su queste alture ha realizzato il desiderio appagante e rilassante proveniente dal profumo alpestre di ginestra e timo accompagnato dallo scampanellio lento delle greggi al pascolo. Il tutto condiviso in un’atmosfera di aggregante, disinteressata e spontanea cordialità. La tradizione recita che i primi due giorni della settimana dopo la S. Pasqua su questa altura i Castrovillaresi si riunivano per banchettare allietati da canti e musiche tradizionali dopo avere reso omaggio, nella bianca chiesetta, alla Madonna del Riposo (foto 2). Il recupero religioso purtroppo non può avere seguito per le cattive condizioni in cui versa la struttura. Tuttavia, l’ex luogo di culto sollecita la memoria del pellegrino, perciò rimane sempre meta di preghiera. Una preghiera recitata con sentimento, ma con lo sguardo imbarazzato, proiettato nel vuoto per non leggere sulle pareti cadenti frasi che attendono da anni un intervento mirato al ripristino, a cominciare dall’igiene (foto 3). Rimanendo cosi le cose, si consuma il rito dell’incuria nei confronti di un desiderio collettivo manifestato più volte!
Come dire: il benessere collettivo che lega gli individui all’ambiente, in cui si riconoscono con orgoglio, che è anche motivo di appagamento e appartenenza, non è tenuto in considerazione dagli amministratori locali. Invece, spetta loro il compito di favorire nei confini paesaggistici il benessere individuale, sociale, materiale e immateriale degli abitanti, perché senza questa attenzione si genera disgregazione, insofferenza e disfattismo.
Intanto, riflessioni a parte, il viaggio continua riscontrando la soddisfazione nel volto roseo e luminoso delle persone. Attraverso un collegamento itinerante è stata presente anche Radio Nord Castrovillari che con interviste a caldo, ha informato a casa gli ascoltatori sull’evolversi della manifestazione. Il premio finale è rappresentato da una giornata intensa e felice che i partecipanti si sono regalati, sollecitando il proprio fisico al cospetto di madre natura. Il serpentone variopinto e vociante degli escursionisti sale divertito lungo i tornanti, ansioso di giungere finalmente in cima per gustare il panorama a 360 gradi (foto 4). Monte S. Angelo diviene in breve, una ideale sala belvedere gremita, alle cui pareti spiccano rilucenti di neve i quadri di famiglia: Serra del Prete - Monte Pollino – Serra Dolcedorme - Monte Caramolo - il Mar Jonio (foto 5). La centralità di questo monte -individuato dalle comunità circostanti come punto di riferimento- ha contribuito per anni, con le sue parabole passive, alla diffusione delle onde radio in banda telefonica. Adesso che si è passati al digitale rappresentano ferraglia da eliminare. Le leccornie pasquali e tutto il prodotto tipico locale reciprocamente scambiato hanno impreziosito una giornata memorabile a 5 stelle. Auspichiamo a tutti, che l’ascesa a Monte S. Angelo - 794 m, per un percorso di 4 km- sia l’inizio di un cammino verso vette sempre più alte.

9 marzo 2008: Scala di Barile - Belvedere di Barile di Mimmo Filomia

L’escursione sul sentiero in programma ha due porte di accesso: dal rifugio di Colle Marcione,in territorio di Civita e dalla piazzetta di S. Lorenzo Bellizzi. Quella odierna con partenza nei pressi dei murales di S. Lorenzo rappresenta la direzione ufficiale. Riserva ai protagonisti un percorso acrobatico e panoramico, sulle ali di una suggestione trattenuta nel respiro e goduta a piccole dosi per la vertiginosa sequenza di immagini mozzafiato a strapiombo, fra le due ciclopiche pareti della Timpa di S. Lorenzo e di Cassano -1400 m- solcate dalle scroscianti acque del Raganello. Con i suoi 7 km totali di sviluppo, rappresenta un sentiero completo e variegato per tipologie di ambienti che attraversa. Richiede prove di resistenza alle vertigini anche per i vaccinati contro questa sensazione, solo nel tratturo centrale in cui è incisa una scala naturale sul fianco della roccia sospesa a strapiombo, a mezz’aria tra il fiume e le cime delle due timpe. Il sentiero prevede nella prima parte il superamento del torrente Raganello e del suo affluente, torrente Maddalena (Foto 1). L’ultima parte si addentra nel bosco tra radure risalendo fino alle pendici della Fagosa, al di sopra della quale svettano innevati il Monte Manfriana, il Dolcedorme e Serra delle Ciavole (Foto 2). Oggi i corsi d’acqua particolarmente in piena per il disgelo sono stati affrontati in maniera divertente cercando il passaggio più comodo su pietre. Nei pressi di Donna Marsilia, là dove il fiume si libera dalla morsa dei due bastioni di roccia, allargandosi nell’alveo è stato necessario proporci in una elaborata ed ingegnosa posa fra le sponde della passerella di legno assicurata a riva da un capo per resistere alla furia delle piene (Foto 3). Una sorta di ponte girevole rudimentale a disposizione dei pastori…Altrimenti? Scarponi a spalla e guado rinfrescante! Proprio come fece la leggendaria Donna Marsilia la notte che dovette salire in paese per porre lieto fine alle sue doglie. Nei pressi, il rudere di un mulino ad acqua, testimonia come l’ingegno umano nel passato sapeva trarre movimento, per i suoi bisogni, dalla forza della natura (Foto 4). Lasciamo il fiume alle nostre spalle e ci incamminiamo verso il sito archeologico di Palma Nocera; un’altura posta a 700 m alla sinistra dell’ingresso della Gola di Barile (Jacca i Varliru).Il nomignolo è stato dato dalla gente del posto cui spetta, in ogni caso, il diritto di tramandarlo ai posteri perché collaudato e brevettato attraverso la memoria locale. La montagna quando si pratica con spirito sensato ed edonistico è ricca di toponomastica a dimostrazione di tracce dei nostri antenati… e quando manca? Vuol dire che non si è cercato abbastanza nella memoria storica locale! In buona sostanza il barile che purtroppo non è quello dell’oro nero, torna alla mente in questo luogo, perché il fiume nella sua piena trascina tronchi e pietre creando un frastuono simile ai barili roteanti a terra disarcionati dall’asino dal suo basto (Foto 5 6 - 7). Superata l’affascinante gola il sentiero sale verso il belvedere (866 m) costeggiando il fiume (Foto 8 9). Il posto è ideale per soffermarsi a consumare un frugale pasto e nel contempo ammirare la conformazione strategica ed accattivante del luogo, che rammenda miscelando dati certi e fantasia una probabile ubicazione remota di sito preistorico. Perché no! Se consideriamo che gli uomini si sono sempre insediati dove la terra offre un riparo naturale da incursioni e vicino i segni di grandi sconvolgimenti, scaturiti dalle energie del sottosuolo; perché considerata habitat del dio sovrannaturale. La presenza del fiume sottostante e la ricchezza dalla pratica della cacciagione sulle pendici della Manfriana e del Dolcedorme appena vicini non fanno che avvalorare la tesi. Un sentiero tematico questo nella misura in cui in ognuno suscita riflessioni. La foto di gruppo suggella il post pausa ristoro prima di intraprendere il cammino verso il rifugio di Colle Marcione attraverso il canale della Mancosa e viceversa.(Foto 10).

9/16 marzo 2008: XXV NeveUisp - Alleghe di Eugenio Iannelli

Sei mesi dopo l'uscita estiva (luglio 2007) della Sezione sul ghiacciaio della Marmolada, le Tre Cime di Lavaredo, il laghetto Coldai, eccoci di ritorno ad Alleghe. Questa volta in versione invernale per praticare un'altra bellissima attività sportiva -lo sci da discesa- e non solo. Arrivati nella tarda mattinata di domenica con pioggia e neve in quota sembrava una settimana bianca incominciata con una situazione meteo disastrosa quella del 25° compleanno di NeveUisp, ma per fortuna non lo è stata. Le previsioni non annunciavano niente di buono ma la comitiva –composta da circa 70 partecipanti (divisi equamente tra A.S.D. Sporting Club Ski-Group Castrovillari, CAI Castrovillari e S.C. Lorica)- non si perdeva d’animo e dopo il pranzo ognuno dei partecipanti si affrettava a noleggiare gli sci, a prenotare la scuola, lo skipass e le attività della settimana organizzate dalla UISP. La solita richiesta di informazioni (skiroom, orario dei bus per la funivia, il comprensorio, la cena, la colazione, etc.) e in serata, prima della cena e senza perdere tempo, i meno affaticati dal viaggio prendevano confidenza con la piscina e la zona fitness dell’Hotel Venezia.
L’indomani tutti pronti –scarponi ai piedi e sci in spalle- per raggiungere i Piani di Pezzè dove ad aspettare c’erano i maestri di sci per la consueta selezione. I più esperti in seggiovia alla scoperta del comprensorio sciistico, gli agonisti a scoprire e saggiare le piste delle gare. Contemporaneamente raduno dei docenti con gli allenatori nazionali FISI, A. Della Valle e O. Bonsembiante, per il corso di aggiornamento UISP/MPI. Nutrito il gruppo degli insegnanti presenti (foto 1) con 22 partecipanti -14 donne e 8 uomini- provenienti da diverse regioni (Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli, Puglia, Sicilia, Toscana).
Nonostante il tempo non migliori, continua a nevicare, nessuno si perde d’animo e tutti restano impegnati nell’attività sportiva fino al pomeriggio inoltrato. Alla fine della giornata soddisfatti e festanti tutti alla serata di benvenuto organizzata nel Palaghiaccio di Alleghe. Apre una significativa sfilata di bambini con lo stendardo delle regioni partecipanti (foto 2), a seguire i Capigruppo, il Comitato Organizzatore di NeveUisp, gli esponenti politici locali, i responsabili degli impianti di risalita, il Presidente Nazionale UISP, Filippo Fossati ed il Presidente della Lega Sci, Bruno Chiavacci. Dopo i saluti di rito tutti coinvolti in una mega foto ricordo.
Il martedì ancora neve fino a mezzodì dopodichè –finalmente- uno squarcio si apre tra le nubi per dare la possibilità ad uno splendido sole di illuminare gli sciatori e tutte le piste. Un sole raggiante che da quel momento non ci lascerà e ci accompagnerà fino alla fine della settimana.
Un coro unanime si leva dal fondo valle: con il sole è tutta un’altra cosa!
I giorni successivi trascorrono velocemente tra le attività prettamente sciistiche e le iniziative organizzate dalla UISP (tornei di tennis, bigliardino, pallavolo, arrampicate, escursioni con le racchette da neve, sci di fondo, immersioni subacquee nel lago di Alleghe, gite a Cortina e Belluno, visite guidate nelle grappetterie, assaggi di prodotti tipici etc.), una molteplicità di attività ed avvenimenti ben organizzati per festeggiare degnamente il 25° compleanno di una delle più longeve manifestazioni nazionali.
Sciare alle falde del Monte Civetta (foto 3), montagna mitica per l’alpinismo internazionale, del grandioso Monte Pelmo, sulle piste di Zoldo e Selva di Cadore, suscita sempre una emozione speciale che rimane indelebile nel tempo, un luogo unico. Un riferimento particolare alla giornata trascorsa -da molti di noi- sulle nevi della Marmolada (foto 4) dove si assapora l’ebbrezza di sciare a m 3300 su una neve naturale che rende fantastica qualsiasi sciata e da dove si parte per il più grande circuito sciistico, il Dolomiti SuperSki.
Il gruppo, amalgamato nello sci e nei luculliani pranzi in rifugio (foto 5), trova divertimento anche nel dopo cena con svariate iniziative che lo vedono impegnato con serate di ballo da sala e balli di gruppo o in escursione notturna nella vicina Corvara per immergersi nella magica atmosfera dei pub e delle discoteche del luogo. I più tranquilli si accontentano di una passeggiata per i negozi di Caprile ed Alleghe alla ricerca di regali per familiari ed amici o di una partita a carte nel bar dell’Hotel.
Sabato mattina gara di slalom special dei 49° Campionati Italiani UISP. Ottimo piazzamento di tre atleti calabresi dello S.C. Lorica nelle rispettive categorie, I. Granato (2° posto), F. Granato (2° posto – foto 6) e Baldassarre F. (3° posto – foto 7). In serata tutti alla festa conclusiva nel Palazzetto dello Sport di Caprile. Una serata speciale che ha visto la partecipazione del Presidente Nazionale UISP insieme ai Presidenti delle Leghe Nazionali che hanno collaborato alle attività della manifestazione e dei Presidenti Nazionali della Lega Sci che si sono alternati nel passato nella organizzazione di questa bellissima manifestazione (foto 8). Un momento esclusivo nel quale è stato celebrato insieme al 25° compleanno di NeveUisp anche il 60° anniversario della nascita della UISP.
Pubblico delle grandi occasioni che ha potuto assistere ad una breve esibizione in concerto offerta dal cantante Luca Barbarossa (foto 9), anch’egli presente a NeveUisp. Così come è stata presente per tutta la settimana la Campionessa paraolimpica (medaglia d’argento nello slalom gigante) di Torino 2006, Daila Dameno (foto 10).
Domenica mattina, mentre gli atleti dello S.C. Lorica -guidati da Franchino Granato- si portavano sulle piste per partecipare alla gara di Slalom Gigante dei 49° Campionati Italiani UISP, dove avrebbero poi raggiunto altri lusinghieri piazzamenti (G. Scicchitano – 2° posto, I. Granato – 2° posto), il gruppo di Castrovillari –malinconicamente- si apprestava a partire non prima di una ultima foto di gruppo davanti all’Hotel (foto 11).

2 marzo 2008: Giornata delle Ferrovie dimenticate

La giornata odierna è dedicata ad una iniziativa promossa dalla Confederazione Mobilita' Dolce –CoMoDo-, che pone l'attenzione sulle ferrovie in disuso e dimenticate. Silvio Carrieri e Francesco Sallorenzo sono i promotori dell'iniziativa.
Complessivamente i chilometri dismessi in tutta la penisola, sono circa 5700, una cifra enorme. Il ritrovo è a Campotenese presso la ex Stazione Ferroviaria. L'escursione prevede un percorso adatto a tutti, prevalentemente turistico anche se sassoso da Campotenese a Morano Calabro lungo la ex tratta ferroviaria delle Ferrovie Calabro-Lucane. Sono previsti anche passaggi in gallerie per cui è necessario una torcia. Parte così dalla Basilicata e dalla Calabria il ripristino per fini turistici di alcune tratte, lo scopo è recuperare le vecchie linee ferroviarie per adibirle a piste ciclabili, o "vie verdi". In Basilicata sono circa 200 i km che potrebbero essere utilizzati per una valorizzazione turistica del territorio. Una delle linee ferroviarie più interessanti è appunto quella Lagonegro - Spezzano Albanese. Una ferrovia questa "nata vecchia e morta giovane" dice un vecchio adagio, pensata dal governo borbonico nel 1880 circa, deliberata nel 1906, dinamizzata nel 1931, quando era già in atto il concorrenziale trasporto in gomma. Operò per circa 50 anni durante i quali fenomeni di bradisismo e scarso utilizzo da parte dei cittadini ne minarono le potenzialita' determinandone la chiusura definitiva nel 1978 con lo smantellamento e svendita dei caselli ferroviari e delle rotaie. Alcuni anni dopo l’approvazione e la costituzione del Parco Nazionale del Pollino (1993). Una fatale coincidenza a cui si aggiunge l’odierna beffa. A venti anni di distanza i politici locali tornano a parlare e progettare un suo ripristino a fini turistici per la promozione e lo sviluppo del territorio dl Parco.
Non valeva la pena essere più previdenti ed abili. Ai posteri l’ardua sentenza. (foto 1 - 2 - 3)

24 febbraio 2008: Salita invernale sulla Nord/Est del Pollino di S. Franco

A volte si percorrono strade che ti portano fino ad una meta non ti lasciano niente, non arricchiscono la tua anima. Spesso però, andando in montagna le strade ti consentono di diventare grande, ti danno forza anche quando sei allo spasimo, anche quando pensi di non potercela fare, anche quando non riesci a gustare la meraviglia che ti circonda. Ebbene domenica è stata l’ennesima volta, l’ennesima “camminata” che mi ha fatto gioire, che mi ha dato forza, che mi ha fatto sentire vivo. Siamo partiti da Colle Impiso e dopo un accurato “briefing”, muniti di radio e di tanta buona volontà abbiamo iniziato la nostra giornata montanara. Ci siamo divisi in due gruppi, uno alpinistico “capitanato” da me e Massimo e uno escursionistico “capitanato” da Mimmo e Salvatore. Il sentiero fino ai piani del Pollino si presentava in parte battuto e quindi non c’è stata molta difficoltà nella lunga marcia. Mentre il gruppo con le ciaspole andava dritto verso la Grande Porta del Pollino per proseguire poi verso serra Crispo (foto 1), io e i miei fedeli amici di cordata siamo giunti ai piedi della grande frana non prima di aver solcato il sentiero che dai piani portava fin lì. Neve alta fino alle ginocchia, rami degli alberi a dar continuamente fastidio. Insomma un avvicinamento un tantino snervante dove per alleviare il tutto, da veri “radioamatori”, abbiamo colloquiato e scherzato a lungo con l’altro gruppo.
Giunti sotto la grande frana –all’inizio dell’erto pendio- i rituali alpinistici che precedono le grandi ascensioni, le grandi imprese. Con grande attenzione prepariamo ramponi, piccozze, imbracature, nodi, tutto nel rispetto della massima sicurezza. Formiamo tre cordate, una da quattro e le altre rispettivamente da tre e due (foto 2). E si, c’era aria di impresa, e domenica lo è stata. Personalmente amo questi attimi, ricchi di concentrazione, di piccoli rumori, di grande emozione. Un’emozione quasi soffocata che emerge in tutta la sua bellezza, nel momento della vittoria, nella conquista della vetta. E’ forse questa la vera carica degli alpinisti! Alla via che abbiamo percorso sono stati dati diversi nomi. Conosciuta comunemente come via della “Clessidra”, viene chiamata anche via di “Giovanni Paolo II” o “Via dei lupi”. E’ una bellissima ascensione che per diversi tratti, abbastanza ripidi, si snoda a sinistra di quella che è la Grande Frana del Pollino (foto 3). Nel bel mezzo della ripida salita la stanchezza psico-fisica faceva capolino ma la forte dose di entusiasmo e di volontà presente in ognuno ha fatto si che anche il più stanco, anche il più insicuro, anche il meno esperto ce la facesse (foto 4). Per lunghi momenti ho pensato di arrancare e per lunghi momenti ho pensato di svenire dall’emozione. Vedevo i miei amici appassionarsi e concentrarsi su ciò che stavano facendo. Vedevo i loro volti pieni di fatica e gioia e ne godevo pure io (foto 5). E se qualche volta il Presidente mi ha fatto fermare per riprendere fiato e forze, scherzando sulla mia eccessiva grinta, ne sono contento. Io, primo di cordata, sono salito col fiato corto e con la gola secca. Io, primo di cordata, ho visto la luce quando sono arrivato in vetta e ne sono rimasto fulminato (foto 6). Io primo di cordata ho dedicato quello che avevo passato a chi mi ha aiutato a compiere l’ennesima impresa, a chi sta più in alto di me. Non resta che un caldo abbraccio tra nuovi e vecchi amici (foto 7) non resta che godere finalmente di quella aria che seppur fresca, ti riscalda il cuore, di quel sole che ti acceca e brucia la pelle, di quella sensazione magnifica che si prova soltanto quando non c’è nient’altro al di sopra di te.
La magia della cima mi fa sempre appassionare come un bambino, anche se sulla stessa cima ci sali infinite volte. Ogni volta è diverso, ogni volta salgo con una emozione tale come se fosse la prima e la grinta come se fosse l’ ultima (foto 8).
Al ritorno considerato che questa era una giornata dedicata alla didattica alpinistica, scendendo per il versante nord del Pollino, abbiamo riprovato ulteriori manovre su ghiaccio e soprattutto la frenata in caduta. Un vero spasso che ci ha fatto anche recuperare del tempo non senza aver meglio appreso come comportarsi, in caso di caduta, con la piccozza.
Sul sentiero di ritorno ci siamo riuniti con il gruppo escursionistico, che nel frattempo ci aveva ammirato mentre conquistavamo la vetta. Chi più, chi meno, dimostravamo un po’ di stanchezza ma una immensa soddisfazione della bella giornata trascorsa. Conscio che le più belle e personali emozioni non si possano descrivere compiutamente in poche righe, sono contento di averle condivise con degli amici. Alla prossima!

24 febbraio 2008: Serra Crispo (2053m) di Mimmo Filomia

Le belle giornate succedutesi nel corso della settimana ci ha conservato un manto nevoso adatto a tutte le discipline alpestri ed hanno contribuito a far lievitare i partecipanti all’escursione. Cosi, al consueto appuntamento mattutino per la tappa di avvicinamento al sentiero, si sono presentati i soci appartenenti all’ala più impegnativa e verticalizzante, unitamente a quelli mossi da uno spirito più distensivo nell’approccio con la vetta. Dopo avere vivacizzato Colle Impiso -vuoi per il carente problema parcheggio ma anche per la sistemazione di indumenti e attrezzi adeguati per la progressione- ci incamminiamo per il sentiero innevato (foto 1). Un conciso briefing il cui contenuto -uno per tutti, tutti per uno- sempre recepito alla perfezione è l’ultimo atto che ci vede uniti ai magnifici nove della cordata all’attacco della Nord/Est del Pollino. Li sentiremo durante tutto il giorno via radio per comunicarci le emozioni scaturite ad ogni nostra performance. Noi, invece, oggi abbiamo deciso di avere un approccio bonario con la neve. La nostra meta sarà Serra Crispo, quindi di neve -grazie all’uso delle racchette- ne vedremo davvero tanta. Anche a questa invernale i partecipanti provengono da località lontane ma tutti animati da una sana voglia di spingersi in luoghi un tempo impenetrabili per la neve alta. Oggi grazie all’utilizzo di questi attrezzi da neve che dal tempo delle tribù Pellerossa hanno subito diverse evoluzioni di materiali e di forma, (le prime in telaio di legno intrecciate con budella di Caribù), diversificandoli per ambienti pianeggianti e percorsi misti, tutti possono spingersi verso luoghi fiabeschi e inusitati. La presenza dell’uomo -ordinata e rispettosa- sulle terre alte è una festa interiore in simbiosi con la natura. Una scorpacciata di neve immacolata invocata e desiderata dal chiuso delle proprie case, o da uffici oppressi da abitudini sedentarie, che adesso si manifesta con mille sfaccettature in progressione a ritmi lenti. Il morbido tappeto nevoso ci accoglie al nostro passaggio in un luccichio di cristalli sollecitati dal sole versione primavera. La prima tappa a Vacquarro (1518m) consente di liberarci degli indumenti pesanti e di mettere alla prova le nostre forze al confronto della presunta difficoltà del percorso (foto 2). Il sentiero per i Piani di Pollino propende a sinistra; dapprima divertente, con qualche salto sull’acqua, diviene man mano in salita guadagnando qualche grado di difficoltà superata con soste appropriate e scambio di cioccolata che giovano alla compattezza del gruppo. Una visita alla fonte Rummo per rifornirci d’acqua equivale ad un rompete le righe in tutta libertà vigilata a distanza e di spalla. Poi ancora cammino per il drappello variopinto, che si muove sinuoso sotto i faggi dalle gemme turgide, soffrendo le difficoltà previste del tratturo che alla fine si aprirà alla luce del sole sul Piano Toscano (foto 3 - 4 - 5). La distesa di neve qui appiattisce l’asperità del terreno proponendo false distanze e surreali visioni attorno alle cime. Non ci resta che l’imbarazzo della scelta, anche se subito orientiamo i nostri zaini e le forze, verso la Grande Porta dove ci attende “Zi Peppe” un longevo e leggendario pino loricato che vive attraverso i suoi resti la stagione della metamorfosi (foto 6 - 7 - 8). Dopo una sofferta e bruciante implosione ora resta come monito a chi offende la natura con atti vandalici. Il posto è ideale per spunti panoramici ed anche, finalmente, per lo spuntino energetico e qualche attimo di pausa (foto 9 - 10). Intanto con il fruscio della radiolina si modula anche la voce emozionata ed esultante di Salvatore capo cordata che gioiosamente annuncia…Mimmo, Mimmo ti comunico che sono in vetta!…E noi, che abbiamo seguito la loro evoluzione…Complimenti! Vi vediamo! Additando tre puntini in movimento sulla vetta del Pollino, sicuramente carichi di felicità. Alla nostra comitiva invece per raggiungere Serra Crispo viene chiesto un ultimo sforzo per superare alcune curve di livello distribuite in circa 70 metri di dislivello, attraverso un docile e incantevole sentiero (foto 11 - 12 - 13). Abbiamo ammirato la sontuosità del Giardino degli Dei e la panoramica Serretta della Porticella (foto 14), volgendo lo sguardo, sempre impegnato, verso magnifici esemplari di Pini Loricati, oppure verso le insenature della marina jonica, stante quella tirrenica oppressa da nubi. La giornata mite di oggi ha conciliato un riflessivo meritato riposo su una calda carcassa di pino mandato giù da un fulmine. Auguro a tutti che i pensieri passati per la mente siano stati sani e propositivi come quelli di portare con se il rispetto e l’ammirazione dell’ambiente, per ritrovarlo la prossima volta come lo abbiamo lasciato.

20 gennaio 2008: Al tramonto, in vetta al Pollino di Mimmo Pace

Discendere dal Pollino e percorrerne i fianchi boscosi in un silente, magico plenilunio, dopo aver vissuto un tramonto di fuoco sulla sua vetta … Beh, tali emozioni quelli del C.A.I. di Castrovillari non le avevano provate ancora!
Complici lo spirito d’avventura, la passione per la montagna e la giornata radiosa, una schiera di soci s’è ritrovata al Colle dell’Impiso, punto di partenza di questa ennesima impresa (foto 1). E’ un Gennaio avaro di neve sul Pollino, questo del 2008, ma è venuta giù quella che basta perché la natura offra recessi d’incanto, spettacoli solenni, e imponga a questi intrepidi un passo cadenzato, che si svolge al lieto frusciare di ventiquattro paia di ciaspole variopinte (foto 2 - 3). Massimo, Salvatore, Pasquale ed Emanuele, i quali prediligono le emozioni forti, presto si staccano dal gruppo … li scorgeremo, più tardi, arrancare sullo scosceso pendio ghiacciato della cresta Nordovest, eseguendo una “diretta” in vetta (foto 4).
Un saluto fugace ai Soci del Gruppo Speleo di Morano Calabro, asserragliati, quasi, nel minuscolo rifugio inverosimilmente zeppo, da cui provengono sublimi, irresistibili ondate odorose di pingui arrosti in atto!! … Beati loro … noi proseguiamo nel nostro iter, che si snoda lungo le irte propaggini di cresta, fino a superarle (foto 567 - 8).
Risalendo la bianca cupola sommitale di questa montagna, folate di gelida tramontana ci inducono a trovar riparo lungo il fondo dell’innevatissima dolina di vetta, non senza prima aver reso omaggio a una Madonnina, che con viva sorpresa avevamo scorto dal basso, allogata a piè di una fantastica cornice di ghiaccio, svettare su di una cima secondaria (foto 9 -10 - 11).
Un salto sulla vicinissima vetta…la rituale ((foto di gruppo e…giù, in picchiata, in fondo alla grande dolina. Quivi regna la più assoluta quiete, una stasi atmosferica insolita per quelle altezze e tale da consentire a Ugo di sfriggere uova al tegamino per la ciurma (foto 12 - 13). Mentre il gruppo si crogiola al sole, rifocillandosi, qualcuno non ancor pago di emozioni, piccozza alla mano, fa saliscendi lungo le pareti verticali di una gigantesca, candida cornice nevosa …Oh incontenibile passione per il brivido! (foto 14 - 15).
Il sole è ormai basso all’orizzonte, le ombre si allungano, l’ambiente si accende di rosso porpora, che sfuma via via, prima verso l’oro e poi nel rosa sempre più tenue…in un mutevole incalzare di tonalità, che fanno vibrare interiormente chi ha ventura di esserne fruitore (foto 16 - 17 - 18). Siamo ridiscesi alla crestina della Madonnina… il sole, tra foschie grigioazzurre distese sul Tirreno, si dilegua, inducendo sensazioni emotive, velate dalla malinconica consapevolezza di un altro giorno che muore (foto 19 - 20).
La luna si staglia ora nitidissima nel cielo color cobalto e tinge d’argento le vette, le selve, le nevi …Spegniamo le lampade frontali per vivere intensamente il paesaggio fiabesco e misterioso che ci circonda e si offre ai nostri occhi nella sua straordinaria purezza (foto 21 - 22). Grande, la quiete che regna nella valle romita, rotta dal gorgogliare della fonte di Spezzavummula, dal flebile murmure delle acque dei ruscelli che corrono a valle e, per fortuna solo a tratti, dalla loquacità di Vito e del nostro Presidente! (foto 23).
La giornata non è ancora conclusa: all’ospitale Rifugio De Gasperi ci attendono gustosi piatti della sapiente e genuina cucina locale, da innaffiare con un vino robusto … bene accetto e adatto a noi, gente di montagna, che vive per la montagna e che spende e vuole seguitare a spendere le proprie migliori risorse nell’indurre conoscenza e rispetto per la montagna … principalmente la nostra (foto 24 25 - 26).

13 gennaio 2008: Colle Impiso – Piani di Pollino – Piano Gaudolino di Luigi Perrone

Dopo la parentesi delle feste natalizie concluse con l’epifania, siamo pronti a ripartire (foto 1) per un nuovo anno carico di aspettative e affascinanti emozioni da vivere in giro per le nostre e altrui montagne, con un ricco e variegato programma che dal 1999 la Sezione Cai di Castrovillari propone ai soci ed agli escursionisti ininterrottamente.
Inauguriamo così, con la prima uscita sulla neve, anche la prima escursione del 2008.
Si sa, di questi periodi, l’itinerario si stabilisce all’ultimo momento per le condizioni della neve; l’idea originaria era un percorso di media quota, dai 1300 ai 1500 m, partendo da Piano Visitone, per il vallone Zaperna, passando sotto Cozzo Dimoniello, e arrivare alle spalle del Rifugio de Gasperi, ma due giornate di scirocco hanno ridotto il manto nevoso ai minimi termini, quello stesso che si era ben conservato fin dai primi di dicembre.
La partecipazione, nonostante qualche prima titubanza per via del tempo non proprio bello, è consistente per cui l’organizzatore opta per il raggiungimento dei Piani di Pollino e da li valicare su Colle Gaudolino. “Armati” tutti di racchette da neve (tranne un dissidente) ed il nostro amico Giancarlo con gli sci da fondo escursionismo, da colle dell’Impiso cominciamo a risalire lentamente verso i Piani (foto 2).
Chissà quante volte siamo saliti ai Piani in tutte le stagioni, e magari quando si comunica l’itinerario qualcuno storce anche il naso “ma ci sono già stato…!!!!”, niente di più sbagliato, perché la magia di questi posti è unica, e anche se ci sei stato il giorno prima lo vedi sempre in modo diverso, la neve polverosa, o liscia o ghiacciata, gli alberi ammantati di bianco, o rivestiti di una soffice coperta, le nubi che camminano nel cielo e si aprono a qualche raggio di sole che penetra tra i rami, fino a baciarti il viso, sensazioni uniche da provare insieme alla compagnia allegra e festosa degli amici caini.
Anche la leggera bufera, che ci accompagna dal piano di Rummo al Piano di Toscano sferzandoci il viso con raffiche di vento miste a nevischio, improvvisamente, lascia uno squarcio di azzurro nel cielo che lascia intravedere il panorama in tutta la sua bellezza e grandezza fino a scorgere i monumentali Pini Loricati di Serra delle Ciavole (foto 3).
Dopo le foto di rito e abbastanza infreddoliti, ci inoltriamo nel bosco fitto su di un sentiero immacolato, che rende questo tratto “avventuroso” e inebriante. Una delle nostre due amiche inglesi, entusiasta di questa escursione, in un momento di pausa cita uno scrittore che a dorso del suo asino in mezzo ad un sentiero, ogni volta che si trovava ad un bivio e doveva decidere, pensava a cosa passasse per la mente al suo asino, paragonandolo a noi umani nella scelta della strada giusta per arrivare alla meta, un pò come nella vita.
Dal valico del crinale nord del Pollino, si intravede il pianoro di Gaudolino ed il bivacco in legno ai margini del bosco sotto Serra del Prete, ormai meta agognata con il pensiero di riposare, scaldarci e mettere sotto i denti qualcosa di buono.
Arrivato per primo al bivacco, noto una sfilza di racchette, ragion per cui la piccola stanza è gia occupata da una ventina di persone appartenenti ad un gruppo escursionistico della Puglia.
Appoggiato sulla staccionata osservo con curiosità l’uscita dal bosco dei Nostri, ormai affaticati e desiderosi di fare una pausa, e per ultimo il nostro presidente sempre ilare e gioioso in queste occasioni.
Gentilmente l’altro gruppo ci fa spazio all’interno del bivacco (foto 4) fino a svuotarlo e riempirlo del tutto: escono in 19 entrano in 18!
Prima che faccia buio si ritorna alle auto, sosta obbligata al rifugio De Gasperi per festeggiare il nuovo fuoristrada dell’amico Mimmo, pensando già alla prossima domenica per un’escursione più impegnativa ed affascinante da rimettere nei nostri zaini.